2020-07-29 05:46:24.205393 by Unknown

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autore:Unknown
Format: epub


15.

Le tribù dei separati in casa

Il bello della Bolla è che resiste a qualsiasi tipo di urto. Finché non arriverà il famoso bambino con l’aghetto, la sua imperforabilità è garantita da una immaginaria ma efficacissima pellicola in grafene, dieci volte più resistente dell’acciaio. Chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro. Il resto del mondo vada dove vuole. “Hic manebimus optime”, non ci muoviamo da qui, come disse un centurione di fronte al sacco di Roma da parte dei Galli (390 a.C.) e come ripeté, fra gli altri, il presidente Sandro Pertini quando volevano farlo sloggiare anzitempo dal Quirinale.

Uno si immagina che, all’interno, la Bolla sia un paradiso di armonia e reciproca cordialità. Ecco, questo no. L’interno è una multiforme confederazione di tribù, ciascuna gelosa dei propri spazi e parimenti incurante dei bisogni della collettività. In comune ci sono le mense, i bar, i chiacchiericci alle macchinette del caffè, stop. Il resto somiglia a un enorme parco giochi, dove ogni gruppetto di bambini ha la propria palla e il proprio campetto e mai si sognerebbe di condividere con chicchessia l’una o l’altro.

Il problema numero uno della Direzione editoriale per l’offerta informativa è stato, e sarebbe ancora, quello di spingere le tribù a considerare la Bolla una casa comune. Con le buone, preferibilmente, ma anche senza, se del caso. Non è una questione morale o di psicologia aziendale. È uno snodo vitale per l’unico futuro possibile che ha davanti la Rai: ridurre gli sprechi e mettere in comune le risorse, che è poi l’anticamera per uno sviluppo digitale degno della più grande fabbrica di notizie del Paese.

Come staff incaricato del coordinamento, abbiamo cominciato a martellare da subito su questo semplicissimo concetto. Chiunque abbia letto una riga di giornale sulla Rai negli ultimi decenni, si sarà di certo imbattuto nell’annoso e anche un po’ vergognoso problema dei quattro/sei microfoni del Servizio pubblico protesi in contemporanea verso il mento dello stesso politico o dello stesso superstite di una tragedia o dello stesso testimone di un fatto di cronaca. Non è con tutta evidenza una questione di “differenti tagli editoriali”. È con altrettanta evidenza un irragionevole capriccio collettivo, per il quale non esistono motivazioni o scuse, se non quella, imbarazzante, che “altrimenti che gli faccio fare a questa o quello?”.

Durante la tragica estate di stragi e incidenti, raccontata, questo va detto, con impegno considerevole e ottimi riscontri di ascolti, mandai una mail a tutti i giornalisti. Conteneva, insieme ai ringraziamenti, un’indicazione di rotta piuttosto chiara.

“Cari colleghi,

Dacca, Andria, Nizza, Turchia: quattro stazioni di una via crucis accelerata. La Rai si è precipitata sui posti delle tragedie, lontanissimi tra loro. Ha tenuto la linea per giorni e notti e giorni, con una staffetta tra rete e rete. Non ha lasciato solo per un attimo il pubblico che, in situazioni come queste, cerca risposte alle ansie che montano dentro. Grazie allo sforzo di tutta l’azienda, il nostro Paese ha potuto non perdere mai il filo di quanto accadeva, anche in momenti in cui il mondo stesso sembrava perderlo.



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