247. Il capitalismo all'assalto del sonno by Jonathan Crary
autore:Jonathan Crary [Crary, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2015-12-14T23:00:00+00:00
Capitolo quarto
Nel film La jetée (1962) di Chris Marker viene rappresentato lo scenario di un futuro post-atomico, in cui gli ultimi superstiti dell’umanità sopravvivono nel sottosuolo delle città cancellate dalla catastrofe, perennemente esclusi dalla vista del sole. Le autorità di questo futuribile scenario, attraverso rudimentali esperimenti di viaggio nel tempo, cercano disperatamente di sfuggire alle terribili angustie della loro esistenza. Tra i vari fattori della crisi, vi è la progressiva perdita della memoria, che risparmia solo alcuni individui. Il protagonista è un personaggio che viene scelto, nella realizzazione degli esperimenti, per la tenacia con cui è riuscito a ritenere delle immagini del passato. Chiaramente, La jetée è interessante non tanto per il modo in cui tratteggia il futuro, ma soprattutto come meditazione sul presente, in questo caso i primi anni Sessanta, che Marker dipinge come un’epoca buia, su cui ancora si proietta l’ombra dei campi di sterminio, di Hiroshima e delle torture perpetrate in Algeria. Come nei casi di narrazioni coeve, da Hiroshima, mon amour di Alain Resnais a Parigi ci appartiene di Jacques Rivette, da Hallucination di Joseph Losey a Il diabolico dottor Mabuse di Fritz Lang alla Piovra nera di Jacques Tourneur a molti altri ancora, la questione fondamentale è sempre la stessa: come si può conservare la propria umanità nella totale desolazione del mondo attuale, in cui i legami piú importanti svaniscono per opera di torbide forme di razionalità che sembrano onnipotenti? Sebbene Marker non fornisca una esplicita risposta alla domanda, La jetée sottolinea tuttavia il ruolo indispensabile dell’immaginazione per la sopravvivenza di una collettività. Per l’autore, essa si realizza come convergenza delle capacità visionarie sia della memoria sia della fantasia che si manifesta, nel film, a partire dall’immagine del protagonista bendato, impossibilitato a vedere. Sebbene la maggior parte del film sia soprattutto, nello sviluppo della trama, una rappresentazione di immagini mnemoniche o ideative, uno dei suoi elementi piú originali è la figura del veggente, le cui normali capacità visive vengono pregiudicate in circostanze che evocano la tortura o gli esperimenti medici su cavie umane che furono compiuti al tempo della guerra o che si sarebbero poi compiuti negli anni successivi.
Marker si discosta da quelle concezioni della visione «interiore» che presuppongono l’azione autonoma di un voyant del tutto autosufficiente. Ne La jetée, la libertà immaginativa del veggente viene limitata e in parte anche condizionata dalle oppressive circostanze in cui si trova, tanto che la sua straordinaria opera di recupero (o invenzione) di immagini mentali si manifesta in un ambiguo intreccio fra paura e squallore, da una parte, e il meraviglioso flusso della vie intérieure dall’altra. È evidente il legame di familiarità che Marker intrattiene con altri esempi del passato di esplorazione avventurosa delle reminiscenze (da Rousseau a Nerval, da Proust a Bachelard ecc.), ma le fantasticherie del protagonista de La jetée non rappresentano una mera e casuale sospensione della razionalità in un flusso di coscienza. Al contrario, il suo vagabondaggio fra le immagini viene sempre controbilanciato dai vincoli di un’esistenza ormai segnata, dal timore dei pericoli incombenti e dalla imposizione di forme di biopotere al fine di ottenere la sua cooperazione mnemonica.
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