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autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2019-10-09T16:00:00+00:00


38.

Ningbo, 10 maggio 1844

Tornato dalle montagne ieri sera tardi.

Non riesco a credere di aver trascorso solo cinque giorni nel monastero di Tiantung, anche se lo leggo nero su bianco nei miei appunti. Ho l’impressione che abbiamo di esserci stato per settimane, o addirittura mesi. Una piccola eternità.

Le impressioni di questi giorni al monastero

Temo di

Sopraffatto, tuttora, dalle esperienze che vi ho vissuto. Dalla gentilezza, dall’ospitalità. Da questo incredibile regalo che mi è stato affidato.

DAGLI APPUNTI DI ROBERT FORTUNE

La taverna “Al bue dorato”, a un paio di case di distanza dalla locanda, era piena da scoppiare. Wang e Fortune si erano accaparrati solo a fatica un angolino libero in fondo alla saletta unta e bisunta.

«Aaah!» esclamò voluttuosamente Wang. «Carne, finalmente! Monaci di Tiantung bravi cuochi. Molto bravi. Wang potuto abituarsi, tutti i giorni. Ma vivere come monaci… mai carne sul tavolo. Senza donne e tutto… Non bene per Wang. E per Fu-Chung?»

«No».

Fortune l’aveva ascoltato solo con un orecchio. Nella taverna il rumore era insopportabile. Un uragano di voci gracchianti e starnazzanti, uno sbatacchiare di stoviglie e risate fragorose.

Aveva nostalgia del silenzio delle montagne. Del verde dei campi di tè.

Rimestò impacciato nella sua ciotola con le bacchette. Ormai era diventato decisamente abile a usarle per afferrare grumi di riso inzuppato di salsa o pezzi di carne e verdure e portarli alla bocca. Se si concentrava.

Una concentrazione che quella sera gli mancava. Avrebbe dovuto ordinare una zuppa, che anche in Cina veniva consumata con un cucchiaio. Appoggiò sospirando le bacchette sulla ciotola ancora quasi piena e registrò uno sguardo interrogativo dall’altra parte del tavolo.

«Non buono?» farfugliò Wang a bocca piena.

«Non ho fame» rispose Fortune, anche se il suo stomaco brontolava.

Gli occhi di Wang si spostarono avanti e indietro da Fortune alla sua ciotola, con un’espressione fra il desiderio e la curiosità. Addirittura quasi preoccupata.

Fortune riprese in mano le bacchette e spinse leggermente la ciotola verso Wang.

«Ne vuoi?»

Wang inclinò la testa.

«Certo che Wang vuole. Solo non crede che Fu-Chung niente fame».

Sebbene Fortune avesse ormai iniziato a esercitare le proprie conoscenze del cinese anche con Wang, lui si ostinava a usare il suo eccentrico inglese.

Spinse la ciotola ancora un po’ più in là sul tavolo.

Un sorrisetto e Wang si era già avventato rumorosamente sul pasto di Fortune.

«Fu-Chung tutto il giorno guarda come pecora».

«Intendi dire avvilito?»

«Vilito. Sì. Wang non capisce. Fu-Chung uomo più fortunato in lungo e largo, oggi. Ha piante del tè. È ricco e famoso, quando torna a casa. Perché faccia triste, hng?»

Fortune esitò a rispondere.

Mentre ruotava le bacchette fra le dita, lasciò vagare lo sguardo sulla taverna, per vedere se qualcuno stesse prestando particolare attenzione allo straniero e al suo accompagnatore, e magari ne origliasse la conversazione.

Con Lian si sarebbe confidato senza remore.

Ma Lian non c’era.

Era stata pallida e silenziosa. Tesa al punto di spezzarsi; era sobbalzata a ogni fruscio nell’erba per tutto il cammino di ritorno da Tiantung a Ningbo.

Aveva assistito senza aprire bocca mentre lui adagiava le pianticelle di tè nel loro terriccio in una cassa di Ward.

Non aveva aperto bocca quando lui, al porto, aveva prenotato un passaggio per i tesori raccolti già per la mattina successiva.



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