Fine serie mai by Giusi De Santis

autore:Giusi De Santis [Giusi De Santis]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2023-05-12T00:00:00+00:00

Capitolo 6

La critica

di Piero Spila

6.1 La critica, le serie e l’audiovisivo che sarà

La principale novità delle serie televisive riguarda certamente la visione (individuale e non collettiva, on demand e non lineare), ma soprattutto le intenzioni di chi le guarda e giudica. Si tratta di un fenomeno ormai irreversibile, su cui finora la critica ha avuto un atteggiamento abbastanza defilato, lasciando la parola per lo più a sociologi, psicologi, teorici dei media. Eppure, è un momento centrale del rapporto opera-spettatore e, a volte, sono le serie stesse a rivelare ciò che le rende diverse.

Cameron Howe (Mackenzie Davis), la geniale creatrice di videogiochi protagonista della serie Halt and Catch Fire (AMC, 2014-2017), lo spiega alla sua maniera nell’ottava puntata della terza stagione, Non siete al sicuro ( You Are Not Safe), quando a Tom, il compagno del momento, presenta la sua ultima invenzione, il videogioco Space Bike. C’è un’eroina che se ne va in giro in un futuro post apocalittico cavalcando una motocicletta spaziale. Ha bisogno di poche cose ma tutte indispensabili: benzina, caramelle e ogni tanto lunghe docce calde. Nel suo viaggio raggiunge pianeti, asteroidi, astronavi, e per procurarsi il necessario può usare solo uno dei cinque sensi a disposizione, ognuno con un potere diverso: il senso della proporzione permette di cambiare dimensione, il senso dell’umorismo di respingere gli attacchi nemici, il senso di sé di comparire e scomparire a piacimento, infine il senso più forte di tutti, il ‘buon senso’, che permette di vedere più chiaramente le cose.

Tom è senza parole, ammirato per la forza e l’originalità del gioco. «È magnifico. E come si vince?». «Non si vince, si continua a giocare».

Credo sia una definizione quasi perfetta dello ‘specifico seriale’: nel videogioco Space Bike (esattamente come capita nelle serie a lunga tenitura) non c’è la fine ma il ‘continua ancora’, non la destinazione ma il viaggio, non il tempo ma la durata. Una vera rivoluzione per lo spettatore perché impone un modo nuovo di ‘vedere’ e soprattutto di interagire con lo schermo; ma una rivoluzione ancora più profonda riguarda l’esercizio della critica perché l’interlocutore non è più lo spettatore interessato ‘a saperne di più’, ma lo spettatore che vuol capire ‘come continuare a divertirsi’. Dunque, non più una critica di tipo tradizionale – analizzare, interpretare, valutare – ma interlocuzione, condivisione, complicità. A contare non è più tanto l’estetica del quadro o la geometria degli spazi e delle luci (i grandi maestri dell’Espressionismo), non è più la mise en scène, il vero senso ‘estetico e morale’ di un film secondo André Bazin, ma lo sviluppo e l’articolarsi del racconto, i meccanismi e gli infiniti accorgimenti che lo complicano e prolungano cercando di mantenerlo avvincente (per chi ‘gioca’) e allo stesso tempo precario (perché aperto a tutte le soluzioni possibili).

Si tratta di un cambio di prospettiva radicale, che pretenderebbe forse una nuova politique des auteurs, sia pure con altri interpreti e valori rispetto a quella imposta a metà degli anni Cinquanta del secolo scorso da Bazin, François Truffaut e i ‘giovani turchi’

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