Il respiro delle Ande by Linda Bortoletto

Il respiro delle Ande by Linda Bortoletto

autore:Linda Bortoletto [Bortoletto, Linda]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2021-01-14T22:00:00+00:00


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Fango. Quintali di fango. Centinaia di metri di fango lungo il sentiero che penetra nella foresta. Fango nero, viscido, pesante, appiccicoso, in cui la gamba affonda fino a metà polpaccio – e per tirarla fuori ci vuole un bel po’ di energia. Quando su uno dei lati del sentiero rimane una striscia di terra non fangosa ci cammino sopra, aggrappandomi ai tronchi più vicini per mantenere l’equilibrio e non scivolare; se dal fango emergono pietre o pezzi di legno mi ci appoggio, e quando non c’è altro da fare che entrare in pieno nel fango, ci entro. Il reale è anche questo: non poterlo evitare.

Su quest’ultimo punto devo confessare la mia ingenuità – o è stato un eccesso di fiducia? Fino alla Turchia, in otto anni di viaggi, non mi era successo niente di tragico e pensavo che non mi sarebbe mai successo niente di tragico. Per una donna che viaggia da sola, tragedia significa «aggressione sessuale, stupro» – e ora aggiungo «strangolamento». Tragico perché non se ne esce indenni. Tragico perché una parte di noi muore per sempre. Mi sono trovata in situazioni in cui degli uomini hanno cercato di baciarmi, a volte brutalmente, disinibiti da un eccesso di vodka, in Siberia, o più timidamente, giusto per provarci, sull’Himalaya, ma un «no» detto col tono giusto, accompagnato da gesti che sottolineavano il rifiuto, è sempre stato sufficiente a respingere il maschio sfacciato di turno.

Ho anche affinato sulla pietra del tempo un’arma formidabile: l’intuito. Una vocina interiore che mi sussurrava di non fermarmi in un villaggio ma di accamparmi piuttosto in montagna, di evitare quel gruppo di persone e rivolgermi a un tizio più avanti, di prendere quel sentiero a destra invece di quello a sinistra. La vocina mi ha guidato verso incontri luminosi, verso paesaggi di una bellezza mozzafiato, mi ha tirato fuori dall’impasse, mi ha mostrato la strada quando mi sentivo perduta. Insieme alla certezza che, piena d’amore e di gioia, avrei attirato a me solo i miei riflessi, la mia intuizione mi sembrava infallibile. Forse lo era. Ma io no.

Il giorno in cui la tragedia si è palesata, queste convinzioni mi hanno fatto sentire ancora più in colpa. Sono annegata in una tempesta di rimproveri e accuse: «Ero incerta sul viaggio in Turchia ma ci sono andata lo stesso, ho sentito appena arrivata che quel percorso non mi entusiasmava, quindi sarei dovuta tornare indietro, cambiare (ti ricordi di esserti chiesta come raggiungere i sentieri di Licia e San Paolo lungo il mare?), ma siccome sono rimasta, siccome non mi sono ascoltata, è colpa mia se sono incappata nel mostro, quindi né l’amore né la gioia che portavo in me erano in grado di proteggermi da qualunque cosa. E se Rumi dice Ciò che cerchi, ti cerca, non sono forse io che l’ho cercato, il mostro? Non sono forse io che ho provocato tutto quanto?». La responsabilità è un peso difficile da portare.

Cinque mesi dopo, con un massiccio zaino sulle spalle e i piedi incastrati nel fango, mi dico che ho avuto torto a pensarlo.



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