Il riccio rapito. Poema eroicomico by Alexander Pope

autore:Alexander Pope [Pope, Alexander]
La lingua: ita
Format: epub
Google: 6g1MAAAAcAAJ
editore: KKIEN
pubblicato: 1739-02-15T17:39:47+00:00

LIBRO QUINTO

Disse, e diede ne’ pianti, e le pareti

Seco gemeano, e con stridori e lai

Faceano tutti alla beltà corteggio;

Cui pompa è il duolo ed ornamento. - Oh quanti

Ardon mescer per lei battaglia, all’ire,

Per vendicarle tanta onta, correndo!

Non però l’alma del Barone inchina

Alla pietà: gli ostano i fati. E indarno

Son le querele onde l’assal Talestri

Col furor dell’irata. All’amor sordo

Quai pon ragioni trionfar di lui,

O sospiri o minaccie? Enea sì fermo

Non stette allor che dalle preci ardenti

Non taceva Anna, e la deserta Elisa Mera

Il ciel con disperati urli ferìa.

Fra tante angosce con immenso grembo

Di guardinfante anche Clarice stassi

Imperturbata, e contegnosa alzando

Il ventaglio, tre volte aprelo e chiude,

E su vi appoggia il corrugato fronte

Carco d’alti pensieri. Indi col guardo

Silenzio invoca, e con esile voce

Sentenziosamente a dir comincia:

A che d’altari la beltà s’onora?

A che esaurir del mare e della terra

Le dovizie per lei? Perché una folla

Di Ganimedi, onde squadrarci in viso,

Ne attraversa il sentiero? A che ne giova

Ne’ precipiti cocchi boriando

Di noi far mostra speciosa? Eccesso

Che val di laudi e profondar d’inchini

Nelle logge verbose? Oh vani incensi,

Se a divezzarci non pensiamo, amiche,

Dalle durezze! Alla beltà risponda

La grazia e il senno. E quanti in Albione

Meravigliosi han d’abito e d’aspetto

Dican nello scontrarci: Ecco un bel corpo

Da flessibil gentile alma informato. -

Oh se le danze libere ed i vari

Ornamenti all’incomoda vecchiezza

Spuntasser l’arme, chi di noi le notti

Fra le amabili insanie, i giuochi e i canti

Non perderebbe ed allo speglio i giorni?

Chi le cure economiche ed i figli

Fastidir non vorrebbe? Anco la santa,

Per cui non furo altro che preci, ai lisci

Ristorator della beltà del volto

Il core avrebbe, ed a sbirciare amanti.

Ma poiché in nova gioventù rifarci

Più non possiamo noi, poi che il vaiuolo

Non, perdona e l’età, resta dal pianto

Inenarrabil che ti solca il petto,

O dolorosa! e t’argomenta invece

Più pronta che t’è dato a ornar lo spirto!

Un vento, un’ombra, un corruttibil bene

E l’umana beltà: sol splende il merto

Appo di noi, che con sudor mercammo. -

Plauso nessuno al cinguettar noioso

Ottenendo Clarissa, atterrò il volto

Mesta, confusa. Torvamente in lei

Fermò gli occhi Belinda, e gli omer strinse,

E crollò il capo. Ma Talestri, a cui

Ne’ precordi la bile atra fervea,

Infuriata, Chi in costei, soggiunse,

Una saccente non deride? – All’armi

Indi ella grida, all’armi. - E all’aure avventa

Quel che di pugna era principio e segno

Ventaglio strepitante, e il campo corre.

Con alte grida, con confuse voci

Quanti han le parti di Belinda in pregio

Le van dopo sclamando: Ah non per gioco,

Non per acquisto passegger d’onore

Si pugna, amici. Il temerario ardire

Fia d’un giovin punito: alto si appresti

Ai crescituri esempio. - Ecco l’assalto

Già già comincia, e ne rimugghia il cielo.

Eroine ed eroi nella gran mischia

Affollansi, confondonsi. Voci, urli

Odi per tutto, e un incitarsi all’ire,

Un subuglio, un frastuono, un calpestìo,

Tal che n’echeggian le soffitte d’oro,

Le piagge, il cielo. Volano alle stelle

Piume, cuffie, gorgiere; e d’ogni parte

Sibilando contrastano le vesti;

E giaccion spesso i vincitori e i vinti

Confusamente. In tale guisa Omero

Sotto le iliache mura i Numi trasse

In orribile guerra, e, temerario,

Affetti umani in cor divino accese.

Non più cinti di nubi al campo in mezzo

Strepitando si calano gli Dei

In due divisi. Contro Palla e Marte;

Contro Xanto è Vulcano.

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