Il ritmo irregolare del cambiamento by Richard Gombrich

Il ritmo irregolare del cambiamento by Richard Gombrich

autore:Richard Gombrich [Gombrich, Richard]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ubiliber


Gerarchie di età e di sesso

Sebbene il Buddha riconoscesse ciò che non era nient’altro che una convenzione sociale, tanto da vedere gli uomini di tutti i varṇa e di tutte le classi come sostanzialmente uguali, c’erano due gerarchie che non mise mai in discussione: l’età e il sesso. Anche in questo caso tutti erano uguali nella loro capacità di conseguire l’illuminazione. Si ritiene che un novizio94 abbia raggiunto l’illuminazione alla tenera età di sette anni (età minima per unirsi al Sangha); e infatti sembra che il Buddha abbia detto che in genere coloro che si univano al Sangha in età avanzata ottenevano risultati meno soddisfacenti.95 Molte monache hanno lasciato testimonianza di aver conseguito l’illuminazione;96 e la tradizione secondo cui nessuna donna poteva diventare un Buddha non si riscontra nel Canone. Ma quando si trattava di relazioni sociali, anche all’interno del Sangha l’età e il genere maschile avevano la precedenza. (C’è una piccola differenza, in quanto l’età veniva calcolata a partire dall’ordinazione e non dalla nascita, quindi si trattava di anzianità, mentre il genere ovviamente è assoluto.) Il monaco più anziano presiede la cerimonia del pātimokkha (si veda sotto) e in genere ha la precedenza nelle questioni ecclesiastiche. Le monache, invece, erano soggette non solo alla gerarchia di anzianità, ma anche ai monaci. Dovevano ricevere una doppia ordinazione, sia da monache sia da monaci, e sottostare sempre alla supervisione maschile: qualsiasi monaca, indipendentemente dall’anzianità dell’ordinazione, era di rango inferiore al monaco più giovane.97

A parte la precedenza accordata all’età e al sesso, la gerarchia monastica era minima. Le funzioni dei titolari delle cariche riguardavano solo questioni temporali e non conferivano loro alcuna precedenza nelle questioni religiose, e così è generalmente rimasto anche quando la carica di abate, cioè di capo di un monastero, è diventata istituzionale. Tuttavia il rapporto tra maestro e allievo è fondamentale. Ogni novizio e giovane monaco diventa responsabilità personale di un precettore, che gli insegna ogni aspetto di ciò che deve conoscere. Da questo punto di vista il buddhismo è come tutte le tradizioni indiane: nessuna cultura quanto quella indiana, forse, ha enfatizzato così tanto la responsabilità del maestro per il benessere e la formazione dell’allievo, fatto che nella lingua inglese moderna si riflette nell’adozione della parola indiana guru. Ciò che è notevole nella prospettiva buddhista delle origini sulle relazioni tra maestro e allievo è che così come il maestro ha il dovere di correggere i difetti del suo allievo, quest’ultimo ha il dovere a sua volta di criticare il maestro, non in generale, certo, ma se il maestro ha assunto una posizione dottrinale sbagliata98 o rischia di dire qualcosa di inadatto.99 Non conosco alcuna configurazione simile in altre tradizioni indiane classiche. Anche in questo caso l’etica particolaristica è sostituita da un principio generale e impersonale.



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