L'arte contemporanea (il Mulino) by Angela Vettese
autore:Angela Vettese [Vettese, Angela]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
Tags: Musica e spettacolo, Farsi un'idea
editore: Società editrice il Mulino, Spa
pubblicato: 2012-03-14T23:00:00+00:00
Le mostre
Una parte consistente del sistema dell’arte si è coagulato nella complessa rete che riguarda la costruzione delle mostre, che sono diventate il veicolo più importante per proporre nuove tematiche, nuovi artisti e nuovi metodi espositivi.
Al tempo in cui nacque la Biennale di Venezia, nel 1895, la manifestazione ebbe come modello sia l’Expo internazionale sia i Salon parigini, con il loro corredo di contro-Salon. In entrambi i casi, si trattava di occasioni in cui veniva presentato il nuovo e da cui la vendita non era esclusa. In seguito la mostra è diventata un luogo dove gli artisti delle avanguardie storiche hanno esposto il proprio modo di esprimersi come gruppo e di ribellarsi all’estetica vigente, parallelamente all’affermarsi del Manifesto come modo per dichiarare le proprie posizioni. Questa vicenda è stata brillantemente tracciata da Bruce Altshuler in From Salon to Biennials del 2009, ma è così importante che altri, tra cui Jens Hoffmann, la stanno accuratamente ricostruendo.
Uno sguardo allo sviluppo anche solo formale dei musei ci darà un’idea di quanto il fattore-mostra sia diventato portante. Invenzione vecchia di pochi secoli, il museo ha cambiato il suo status da luogo della memoria a luogo della proposta. Questa veste sarebbe stata improbabile al tempo in cui i futuristi ne combatterono «il patinume», ma è diventata normativa da quando si è incominciato a vedere la cultura come uno dei tanti ambiti di produzione. Il museo è andato assumendo l’aspetto di un luogo dove le cose cambiano e non dove tutto permane statico. Il primo caso è stato il cono rovesciato di Frank Lloyd Wright per il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, terminato nel 1959, che suggerisce un’idea di movimento e che propone la curva come contraltare all’architettura ortogonale della città. Nel 1977 la prima versione del Centre Pompidou progettato da Renzo Piano e Richard Rogers ha descritto la cultura come una fabbrica e il museo stesso come la macchina che la produce, indicando il suo fulcro nella mostra temporanea più che nell’esposizione delle collezioni. Dagli anni Ottanta, i casi di architettura museale basata sullo spettacolo e sulla mobilità sono proliferati, insistendo appunto su un modello espositivo fondato sulla rotazione continua anche del patrimonio permanente: così, al museo il visitatore non si reca una sola volta ma è indotto a tornare. La visualizzazione più calzante di tanta mobilità è stato il Guggenheim di Bilbao, realizzato nel 1997 da Frank O. Ghery, che ha messo in scena con i suoi volumi ritorti idee di velocità, complessità, mancanza di un centro anche in ambito etico.
Le mostre possono essere considerate come atti costitutivi e programmatici per esprimere idee; ai tempi delle avanguardie, hanno avuto la regia di un intellettuale: da Guillaume Apollinaire ad André Breton, da Kasimir Malevicˇ e Filippo Tommaso Marinetti a Marcel Duchamp, che fu anche tra i maggiori innovatori nel modo di allestire le opere creando loro un contesto e quindi anche una cornice di senso generale. Nell’Esposizione internazionale surrealista del 1938, ad esempio, fece pendere dal soffitto sacchi di juta e fece accordare tutti i partecipanti nel vestire, ciascuno a proprio modo, un manichino identico.
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