L'età fragile by Donatella Di Pietrantonio

L'età fragile by Donatella Di Pietrantonio

autore:Donatella Di Pietrantonio [Di Pietrantonio, Donatella]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-11-07T12:00:00+00:00


3.

Poteva rifugiarsi qui, Amanda, quella sera. Bastava svoltare a destra in fondo alla strada, poi sono cento metri. Di sicuro lo conosceva il bar, ci passava davanti per prendere la metro a Lodi TIBB. L’avrebbero accolta e aiutata, è gentile la proprietaria cinese. A che ora chiudete, domando al cameriere che mi serve la colazione al tavolo. Alle ventidue, signora. Troppo presto.

Assaggio la schiuma del cappuccino, svogliata. Perché non ho capito subito cosa ha sofferto? Dov’ero io mentre pativa il freddo e la paura davanti al portone? È il destino delle madri, non poterli piú proteggere, a un certo punto.

Poi i suoi squilli mi hanno svegliato di soprassalto, mi è caduto il telecomando. Ero allungata sul divano, la televisione ancora accesa. Ho minimizzato, volevo rassicurarla. La mattina dopo non sono partita per raggiungerla.

– Non hai dormito, – dice Dario sedendosi.

Mi ha trovata subito, gli ho inviato la posizione del bar. Da lontano un cenno di saluto, è sempre lo stesso il suo passo da montagna.

Stanotte non prendevo sonno, in quel letto che per poco è stato di Amanda. Il suo respiro inquieto era tra le lenzuola, il suo girarsi e rigirarsi in una camera estranea. È l’impressione che ho avuto pulendola, che non le sia mai piaciuta. La sua insonnia di quella notte e di chissà quante altre mi ha contagiata. Ho buttato giú senza guardarne la scadenza la melatonina che ho trovato nel comodino, e ancora non ho dormito.

– Si nota? Eppure mi sono truccata, – e mi sfioro con le dita l’occhiaia corretta.

L’ultima volta che l’ho visto a casa, ha portato il regalo di compleanno a nostra figlia. Lei si è mostrata un po’ scontrosa e non ha aperto il pacchetto del nuovo tablet, l’ha poggiato su una sedia. Però gli ha concesso un bacio quando se n’è andato.

Dario ordina un caffè, alle nove di mattina è già il secondo, si rimprovera. Ne ha preso uno in autostrada. Qui fa piú caldo, osserva. Lo vedo un po’ accelerato, seduto sulla sedia ma come se stesse per scattare in piedi. Gli chiedo del lavoro. È appena diventato direttore di una filiale importante, risponde con una punta di soddisfazione.

– Allora ne è valsa la pena, – dico.

– Cosa?

– Di trasferirti a Torino.

L’altra domanda che avevo per lui non ha piú senso. Se c’era la possibilità di un riavvicinamento. Geografico, intendevo. E forse anche a me. La ringoio.

Com’era la stanza di nostra figlia, vuole sapere. Un po’ sottosopra. E c’è soltanto una ragazza.

– Ti ha detto qualcosa di Amanda?

Che non era felice, a Milano. Forse nemmeno le piaceva quello che studiava.

– E tu non ti eri accorta di niente?

– Perché, tu te n’eri accorto?

Era da me che Amanda tornava, per le vacanze.

– Io non c’ero, – si difende.

Appunto, lui non c’era e io dovevo capire tutto dai silenzi? Una pausa, e poi Dario me lo chiede.

– È colpa mia?

Alzo le spalle. Impossibile rispondergli con un sí o con un no. Non so dividere le colpe. E non so se le scelte di Amanda dipendono ancora da noi.



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