L'infrapolitica dei senza potere by James C. Scott

L'infrapolitica dei senza potere by James C. Scott

autore:James C. Scott [Scott, James C.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Eleuthera
pubblicato: 2024-09-17T11:12:38+00:00


Le grandi insurrezioni, quasi sempre destinate alla sconfitta e all’eccidio finale, erano comunque troppo disorganiche per approdare a un risultato durevole. Ben più efficaci di quei fuochi di paglia dovevano risultare le lotte sorde e pazienti condotte con tanta tenacia dalle comunità rurali5.

Seguendo Bloch, se una lotta in sordina per mitigare l’esproprio rappresenta il cuore del dissenso popolare in gran parte della storia agraria, allora questo fatto andrebbe ripreso dai nostri modelli e dalle nostre tipologie di conflitto sociale. È innegabile che la storia sociale recente è diventata molto più sensibile alle forme di lotta che non arrivano neanche lontanamente a qualificarsi come rivolta o ribellione6. E tuttavia è rimasta la tendenza implicita ad accontentarsi di un numero troppo limitato di principi all’origine di questi continuum della protesta sociale. Tipicamente ci si appella al grado di violenza, al raggio degli scopi perseguiti e alla pura quantificazione di dimensione e durata, singolarmente prese o combinate, per sviluppare le tipologie di protesta o resistenza. Il grado di violenza aiuta a distinguere tra, poniamo, petizioni pacifiche da una parte e rivolte o movimenti di guerriglia dall’altra. L’ampiezza degli scopi ci aiuta a distinguere tra intenti riformistici, anche se perseguiti con violenza, e fini politici più ambiziosi come quelli delle sette millenariste o dei movimenti rivoluzionari7. Infine, le dimensioni e la durata dell’azione servono a distinguere gli eventi più epifenomenici, come una spontanea rivolta locale contro il rincaro dei prezzi alimentari, da un movimento di massa organizzato che rappresenti, nelle parole di Tilly, una «sfida organizzata, sostenuta e consapevole alle autorità costituite»8. Combinando tutti e tre i criteri, avremo a un estremo un movimento rivoluzionario che con ogni probabilità sarà violento, avrà scopi politici di vasto raggio e sarà ampio e duraturo. All’altro estremo si colloca la moltitudine di azioni tendenzialmente passive, riformistiche, episodiche e su piccola scala che riempiono le pagine delle cronache locali.

Viste nei termini di questi criteri o delle antecedenti definizioni dei movimenti sociali, è evidente che le protratte lotte contadine descritte da Bloch, la lunga storia del bracconaggio in Inghilterra o la resistenza alla decima illustrata nel dettaglio nelle pagine seguenti sembrerebbero quasi del tutto trascurabili. Ma in base ad altri standard, queste lotte meritano di stare al centro della nostra attenzione. Considerate come forme di resistenza all’esproprio, si impongono all’attenzione per il loro peso empirico: ciascuna di queste lotte è plausibilmente una delle modalità centrali con cui ciascuna delle popolazioni agricole in questione ha storicamente difeso i suoi interessi. Esse si impongono all’attenzione anche in base agli standard di efficacia. Come osservato da Bloch, queste tecniche di resistenza avevano maggiori probabilità di ottenere «risultati durevoli» nella lotta contro le pretese sulla proprietà e sul reddito contadini delle forme esplicite e organizzate di protesta.

Le forme di resistenza quotidiana appaiono notevoli anche in base ad alcuni dei criteri formulati da Tilly per i movimenti sociali in sé, purché letti in senso lato. La durata – la persistenza nell’arco di decenni o secoli – del bracconaggio, come affermazione de facto di diritti



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