La felicità. Lezioni su Platone e Nietzsche by Alessandro Biral

La felicità. Lezioni su Platone e Nietzsche by Alessandro Biral

autore:Alessandro Biral [Biral, Alessandro]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Il testo è una sorta di diario dell’ultimo corso universitario tenuto dall’autore, prima della malattia, nell’anno accademico 1995-96, presso la Facoltà di Filosofia di Venezia. Sono lezioni dedicate al confronto tra Platone e Nietzsche, dove Biral si propone di svelare la profonda affinità dei due con dissertazioni particolarmente dense di osservazioni e spunti, legati assieme da una penetrante chiave di lettura complessiva; come scrive Lorenzo Morri, curatore del volume, “il contenuto risulta da un corpo a corpo con i testi platonici e nietzscheani …[queste lezioni] raccontano di un Platone e di un Nietzsche che nei libri non si trovano, perché il consuonare con loro dell’anima che qui li legge e commenta li libera dalle gabbie di una filosofia storicizzata e ridotta a disciplina accademica”.
ISBN: 9788863363241
Google: X40PDAAAQBAJ
editore: Il Prato
pubblicato: 2016-04-26T22:00:00+00:00


8. 3. 1996 (lezione perduta)

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13. 3. 1996 (da registrazione)

A proposito del prospettivismo volevo leggervi una pagina di Nietzsche in cui, per condensare quello che per lui è uno sviluppo storico (quello che parte dall’invenzione del “mondo vero” fino alla sua autodistruzione), vengono elencati sei passaggi. Si trova nel Crepuscolo degli idoli e si intitola Come il “mondo vero” finì per diventare favola - il sottotitolo è Storia di un errore.

Il primo punto è:

Il mondo vero, attingibile dal saggio, dal pio, dal virtuoso, - egli vive in esso, lui stesso è questo mondo.

(La forma più antica dell’idea, relativamente intelligente, semplice, persuasiva. trascrizione della tesi “Io, Platone, sono la verità).

C’è il mondo vero, che è al di là di questo mondo ed è attingibile da parte del sapiente, del saggio, del virtuoso, del pio.

Il secondo punto - ed ecco il primo passaggio - è che:

Il mondo vero, per il momento inattingibile, ma promesso al saggio, al pio, al virtuoso (“al peccatore che fa penitenza”).

(Progresso dell’idea: essa diventa più sottile, più capziosa, più inafferrabile - diventa donna, si cristianizza…).

Terzo passaggio:

Il mondo vero, inattingibile, indimostrabile, impromettibile, ma già in quanto pensato una consolazione, un obbligo, un imperativo.

E questo è Kant, per il quale la morale non è dimostrabile: ciò che io debbo fare, l’imperativo morale, non ha nessuna base razionale. Il mondo vero, per quanto rimanga tale, non è più attingibile dalla ragione.

Quarto passaggio:

Il mondo vero - inattingibile? Comunque non raggiunto. E in quanto non raggiunto, anche sconosciuto. Di conseguenza neppure consolante, salvifico, vincolante: a che ci potrebbe vincolare qualcosa di sconosciuto?…

(Grigio mattino. Primo sbadiglio della ragione. Canto del gallo del positivismo).

Quinto passaggio:

Il “mondo vero” - un’idea, che non serve più a niente, nemmeno più vincolante - un’idea divenuta inutile e superflua, quindi un’idea confutata: eliminiamola!

(Giorno chiaro; prima colazione; ritorno del bon sens e della serenità; Platone rosso di vergogna; baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi).

Cioè, solo lui fa baccano. Sesto passaggio:

Abbiamo tolto di mezzo il mondo vero: quale mondo ci è rimasto? forse quello apparente?…

Ma no! col mondo vero abbiamo eliminato anche quello apparente!

(Mezzogiorno; momento dell’ombra più corta; fine del lunghissimo errore; apogeo dell’umanità; INCIPIT ZARATHUSTRA).103

Zarathustra sta nel mezzogiorno, momento dell’ombra più corta. Quindi, il prospettivismo per Nietzsche è il risultato dell’autodistruzione del mondo greco, ha dietro di sé una storia, una storia dell’errore - ma teniamo conto che Nietzsche chiama sempre anche l’errore prospettiva e un errore, per quanto non si riconosca come prospettiva, è un’abbreviazione, una condensazione, una semplificazione. Su questo dovremo tornare quando parleremo in modo più diretto della conoscenza.

Già che ci sono vorrei leggervi questo aforisma, tratto da Scorribande di un inattuale, col quale si vorrebbe rispondere ad una domanda che mi è stata fatta a proposito di che cosa è la felicità (felicità è forse anche il continuare a bere un buon cioccolato, se l’immagine di riferimento è l’eterno ritorno?). Adesso lo leggo e forse dopo si capirà perché l’ho letto:

L’attore, il mimo, il danzatore, il musico, il lirico sono, nei loro istinti, fondamentalmente affini, e in



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