La mistica dell'aratro. La ricerca di un Dio possibile by Adelino Ascenso

La mistica dell'aratro. La ricerca di un Dio possibile by Adelino Ascenso

autore:Adelino Ascenso [Ascenso, Adelino]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Spiritualità occidentale, Dialogo interreligioso, Spiritualità cristiana, Ricerca spirituale
editore: Qiqajon
pubblicato: 2024-09-13T22:00:00+00:00


Guardare in profondità

Quando il contadino prende l’aratro, guarda avanti. Sì, dobbiamo guardare avanti, con speranza, ma dobbiamo anche guardare più in profondità; non solo l’estensione, ma anche la profondità. Scavare fino alle radici della nostra identità, individuare i segnali di allarme e interrogarci coraggiosamente, cercando di scoprire le ragioni per cui potremmo rischiare di cadere nella letargia delle acque tiepide. È necessario coraggio. Dobbiamo correre dei rischi e accoglierli come sale dell’esistenza.

La poesia è un elemento importante per approfondire e “delineare” il paradosso della nostra fede, conferendo un po’ di colore alle tonalità grigie che a volte ci rendono il viso cupo e intorpidiscono l’anima. Oltre alla poesia, la metafora – che rivela e nasconde la realtà – è un altro elemento pertinente. Perché? Perché le metafore, essendo più vicine all’esperienza rispetto ai pilastri razionali di una teoria, hanno un’enorme influenza, in quanto descrivono potentemente un elemento che dobbiamo tenere a mente sia nella narrativa che nel cammino della fede: il fattore dell’incarnazione. Mentre la storia – la narrazione – ci porta in un mondo di incompletezza, di “non ancora”, la metafora contiene in sé il potere di arricchire la realtà con la dimensione della possibilità e di spingerci verso nuovi orizzonti.

Il vero narratore è colui che si è unito alla storia narrata. Ecco perché le nostre parole saranno efficaci solo se ci lasciamo impregnare, bagnare dalla Parola, se mangiamo la Parola ed essa diventa la nostra carne e il nostro sangue:

Presi quel piccolo libro dalla mano dell’angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l’ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l’amarezza. Allora mi fu detto: “Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni, lingue e re” (Ap 10,10-11).

In questo consiste il guardare in profondità: essere sommozzatori nelle acque torbide o limpide dell’esistenza. Nel nostro percorso di fede dobbiamo generare nuove domande che ci spingano a tuffarci nelle profondità più remote e segrete.

È nota la storia di quel professore universitario che era giunto alla conclusione che tutto il suo sapere non gli procurava la felicità desiderata, poiché si sentiva sempre più inquieto e scontento. Decise di consultare un monaco zen conosciuto per la sua saggezza: “Maestro, cosa devo fare per raggiungere lo stato di satori 99?”. Il maestro iniziò a versare il tè nella tazza e continuò finché il tè traboccò e cominciò a spandersi sul tavolo. “Maestro, maestro, non vede che la tazza è piena?”. “Così è il tuo cuore: non ci entra più nulla”.

Per riempire bisogna svuotare; per incontrare bisogna uscire. “Incontro”, in giapponese, si dice deai e si scrive con due ideogrammi, chiamati kanji. Il primo è connesso al verbo deru e significa “uscire”; il secondo al verbo au e significa “incontrare”. Quindi ciò che i kanji dicono è che affinché ci sia un vero incontro, è necessario uscire: uscire dai nostri egoismi, dalla nostra autoriflessione, dalla nostra autosufficienza, dalle nostre vanità. Si tratta di svuotarci. È lì, nella profondità del nostro svuotarci, che avverrà l’incontro.



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