La saga dei Forsyte. Primo volume by John Galsworthy

La saga dei Forsyte. Primo volume by John Galsworthy

autore:John Galsworthy [Galsworthy, John]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2023-03-16T00:00:00+00:00


XIV

SOAMES SCOPRE CHE COSA VUOLE

Molto più facile dire “così sappiamo con chi si ha a che fare” che dare un significato particolare a siffatte parole. Pronunciandole, Soames aveva soltanto ceduto alla gelosa furia dei suoi istinti. Era sceso dalla carrozza con la mente piena di sospetti e in preda alla rabbia contro se stesso per non essere andato a trovare Irene, contro Jolyon perché Jolyon era andato a trovarla; e adesso contro la propria incapacità di scoprire che cosa volesse di preciso.

Era sceso dal cab perché non poteva tollerare di restare seduto accanto al cugino, e ora correndo verso l’est della città, pensava: “Non vorrei fidarmi dell’amico Jolyon neanche per mezzo passo. Chi è andato fuori una volta, è andato fuori per sempre!” Aveva una simpatia naturale l’amico per… per… per la sregolatezza, si capisce (sregolatezza si disse scartando la parola peccato che riusciva troppo melodrammatica alla sua mente di Forsyte).

L’indecisione nei desideri era una cosa piuttosto nuova per lui. Si sentiva come un bambino tra un giocattolo che gli avessero promesso e uno che gli avessero tolto; e naturalmente se ne stupiva. Eppure non più lontano della domenica precedente tutto sembrava così semplice. Riacquistare la sua libertà, sposare Annette… “Andrò a cena da loro” si disse. Forse nel rivederla avrebbe ritrovato l’unità del desiderio, si sarebbe calmato, si sarebbe schiarito le idee.

Il ristorante era quasi pieno, di stranieri e altra gente che, dalla loro apparenza, giudicò letterati e artisti.

Frammenti di conversazione giunsero fino al suo orecchio tra il rumore delle stoviglie e dei bicchieri. Sentì che simpatizzavano con i boeri, che biasimavano il governo britannico. “Non hanno una gran bella clientela” pensò.

Mangiò, prese il suo caffè a uno dei tavoli senza lasciare trapelare la propria presenza, e quando ebbe finito stette bene attento a che nessuno lo vedesse scivolare nel “sancta sanctorum” di madame Lamotte. Come aveva previsto, trovò le due donne sedute a cenare, una cena tanto più appetitosa della sua che ne provò quasi invidia e venne accolto con tali manifestazioni di genuina sorpresa da restarne insospettito e dirsi che certamente l’avevano notato armeggiare nella sala comune.

Allungò ad Annette una furtiva occhiata scrutatrice. Così graziosa, così ingenua e candida come sembrava, era mai possibile che cercasse di accaparrarselo? E rivoltosi a madame Lamotte disse:

“Ho cenato qui nel vostro locale.”

Davvero! Oh se se ne fosse accorta! C’erano delle pietanze così buone che avrebbe potuto consigliargli… che peccato!

Soames si confermò nel suo sospetto. “Oh! Qui bisogna stare in guardia!” si disse.

“Un’altra tazzina di caffè speciale, monsieur? Un liquorino? Un grand Marnier?” E così dicendo madame Lamotte si alzò per dare gli ordini.

Rimasto solo con Annette, Soames, con un sorrisetto difensivo a fior di labbra, fece: “Ebbene, Annette?”

La ragazza arrossì. La domenica precedente questo arrossire gli avrebbe messo un formicolio nei nervi, e adesso gli dava pressappoco l’impressione che può dare un cane che si mette a scodinzolarci e a farci feste intorno. Provava una sensazione curiosa di potenza come se fosse sicuro che a dirle: “Vieni qui e dammi un bacio” lei sarebbe venuta.



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