La trama alternativa by Giusi Palomba

La trama alternativa by Giusi Palomba

autore:Giusi Palomba [Palomba, Giusi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Minimum Fax


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LA VITTIMA, IL MOSTRO

Nell’estate del 2016 cinque uomini, originari di Siviglia, si spostano a Pamplona per partecipare alle famose feste di San Fermín. Durante la serata del 7 luglio, si offrono di accompagnare una ragazza di diciotto anni alla sua auto e invece la trascinano nell’androne di un palazzo per violentarla, a turno. Uno di loro è un militare, un altro è membro della Guardia Civil, impiegato nella sezione che si occupa di evitare gli stupri. Il caso scuote la Spagna e non solo, e si fa conoscere col nome La Manada, «il branco», il nome del gruppo WhatsApp di cui i cinque facevano parte.

Durante tutta la durata del processo, i movimenti femministi iberici portarono migliaia di persone per le strade, monopolizzando i media per settimane, e rifiutarono categoricamente la sentenza in primo grado dei giudici del Tribunale di Navarra, e cioè che in assenza di reazioni della ragazza durante le violenze non era possibile parlare di assenza di consenso. La ragazza non mostrava segni evidenti di trauma. Conclusione: non le era stato fatto un gran torto. E gli uomini vennero accusati di abuso sessuale e non di aggressione sessuale: il che voleva dire, secondo la legge spagnola allora in vigore, che non c’era stato uso di violenza o intimidazione. Ma le mobilitazioni di piazza, immense, non poterono essere ignorate, e al momento del ricorso al Tribunale Supremo il dissenso giocò un ruolo determinante per l’accusa di aggressione sessuale. Gli imputati vennero così condannati a quindici anni di carcere.

Persino davanti alla massiccia risposta femminista, e all’assurdità degli argomenti in difesa degli uomini, parte dell’opinione pubblica cercava di spingere idealmente al banco degli imputati la ragazza. I video e alcune foto recuperate come prove dagli stessi aggressori vennero utilizzati contro di lei. In questi video la ragazza non parla, non grida, non si muove, sta «solo aspettando che tutto finisca», come ripeterà incessantemente.1 Ma l’interpretazione nella cornice penale è che in lei ci sia stata passività o neutralità rispetto a ciò che le stava accadendo, niente che sia interpretabile come una negazione esplicita. È come se alla ragazza sia mancato qualcosa, qualcosa di quello che ci si aspettava da lei: mancano i pianti, le grida, i tentativi di ribellione. Forse lo descrive meglio il giudice Ricardo Javier González, che per mesi difenderà una tesi ancora più al ribasso di quella degli altri due giudici suoi colleghi, e cioè che in nessuna delle immagini dei video usati come prove sono percepibili «opposizione, rifiuto, disgusto, schifo, ripugnanza, negazione, scomodità, sofferenza, dolore, paura, scontentezza, smarrimento, o qualsiasi altro sentimento simile».2 Non solo mancano i pianti e le grida, ma «i suoi gesti, le espressioni e i suoni che emette mi suggeriscono eccitazione sessuale», aggiungerà il giudice. Per lui si tratta di sesso consensuale. Le posizioni di Ricardo Javier González, le più estreme tra quelle dei quattordici giudici che in tre anni si sono occupati del caso, contribuiranno ad animare l’acceso dibattito sulla necessaria preparazione dei giudici riguardo alla violenza di genere, la questione su cui Irene Montero si sta concentrando negli ultimi tempi.



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