Latte Sangue Fuoco by Dantiel W. Moniz

autore:Dantiel W. Moniz [Moniz, Dantiel W.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: NN
pubblicato: 2022-05-31T15:35:49+00:00

snow

[snow]

Quella mattina una gelata ricopriva l’erba. Anche se Jacksonville era abbastanza a nord, quindi a un certo punto succedeva ogni anno – la temperatura che andava sotto zero, il nostro respiro finalmente visibile che guizzava nell’aria come i pesci combattenti nelle loro pozze –, non smettevamo di stupirci. C’era anche una sensazione di tradimento. Tipo, come osa la Florida, di tutti i posti al mondo, cambiare stagione?

Derrick entrò in bagno mentre io ero davanti allo specchio a fissarmi i capelli con una forcina. Passò dietro di me, allungandosi sopra la mia testa per raggiungere l’armadietto dei medicinali, e io tirai in dentro la pancia e mi spinsi verso il lavandino per evitare di toccarlo. Anche i nostri riflessi evitavano di guardarsi.

«Stai attenta in macchina stanotte» disse lui, facendo scorrere il filo interdentale sul dito. «Al notiziario dicono che potrebbe nevicare».

Mi ero lisciata i capelli sull’attaccatura con olio di jojoba e una spazzolina a setole morbide, poi avevo passato il mascara sulle ciglia e mi ero messa un po’ di fard sulle guance. «Ottimo» dissi. La gente era inquieta quando c’era brutto tempo, voleva rumore e corpi vicini, voleva bere. In più era sabato, quindi era altamente probabile che avrei fatto soldi. Per questo e altri motivi, ero eccitata per il turno. Finito il trucco mi aggiustai l’uniforme, alzando il colletto della polo bianca taglia piccola e levando i pelucchi dai pantaloni neri. Derrick si stava pulendo i denti e la sua presenza, imponente alle mie spalle, mi solleticava la nuca.

«Sei bella» disse e, per un attimo, i nostri occhi si incontrarono nello specchio.

Oggettivamente era un bell’uomo anche lui: capelli scuri e folti, un bel naso importante, quelle braccia che mi avevano fatto innamorare di lui quattro anni fa... ma mi veniva un nodo allo stomaco al pensiero di quanto poco provassi ora. O meglio, quanto poco sembrasse amore quello che sentivo.

«Grazie» dissi, anche se pensavo che non meritasse la mia bellezza. «Ci vediamo dopo».

«Stai attenta».

Fu un sollievo lasciare il bagno e uscire dal nostro piccolo appartamento ingombro di tutti i nostri bisogni insoddisfatti. I nostri silenzi accusatori. Ci eravamo sempre e soltanto chiamati “amore” e adesso era come se non avessimo neanche un nome.

Derrick e io eravamo sposati da cinque mesi e non scopavamo da tre. L’ultima volta si era ammosciato nel bel mezzo ed eravamo rimasti seduti sul letto, abbattuti e troppo nudi. Era successo altre volte. «È lo stress da lavoro. Be’, lo stress in generale» diceva lui, ma io avevo comunque l’impressione che qualcosa non andasse in me.

Aveva preso lui l’iniziativa. Non ero nemmeno dell’umore giusto e adesso ero imbarazzata. Mi ero arrabbiata, difficile evitarlo, e lui aveva sospirato. Fissava il soffitto invece di guardarmi, e io continuavo a lanciare occhiate all’uccello, rattrappito e vulnerabile contro la sua coscia.

«Troppa pressione. Ho paura di non farcela e di non darti piacere o di deluderti e di farti arrabbiare e più mi preoccupo più succede. È troppo».

«Hai detto che non ero io».

«Infatti, ma poi hai fatto in modo che fosse così».

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