Le lacrime dei pesci non si vedono by Massimiliano Scuriatti

Le lacrime dei pesci non si vedono by Massimiliano Scuriatti

autore:Massimiliano Scuriatti
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo +
pubblicato: 2022-04-30T12:05:36+00:00


VIII

Mio padre e gli altri organizzatori della processione contavano le ore che li separavano dall’arrivo di Castelli. Tutto era pronto, a partire dalla vara di San Domenico, seconda gentile concessione di don Venerando. Il quale, siccome niente si fa per niente, la imprestò in cambio di un paio di mani, sulla stessa, “di quel prodotto speciale usato per proteggere le barche dalla salsedine”, dimostrando di saperne, sull’argomento, quel tanto che bastava per ricevere un giusto tornaconto. L’onere di quella spennellata sulla vara se lo affibbiò mio padre, e con grande slancio, per questo ricevendo dal prete un elogio e la rassicurazione che c’era sempre tempo per convertirsi.

E finalmente giungemmo al tanto atteso venerdì. Il Beechcraft privato su cui viaggiavano Castelli e due giovani collaboratori, decollato da Milano intorno alle sette del mattino, atterrò all’aeroporto di Catania circa quattro ore dopo. Ad attenderlo, come da copione, Giacomo Cannavà, a bordo di una Fiat 1900 verdina tirata a lucido, di proprietà dello stabilimento.

Cannavà l’avrebbe accompagnato nell’immensa villa settecentesca che Castelli si era accaparrato nel Val di Noto. Un rifugio di gran lusso ove ritirarsi con la famiglia, o per i suoi ricevimenti pubblici e privati. Del resto, in zona, di alberghi all’altezza di un industriale di quel livello, all’epoca non ne esistevano.

Dopo aver lasciato Castelli, Cannavà accompagnò i due giovani collaboratori nell’alberghetto accanto al Kursaal, solitamente utilizzato dall’azienda per i semplici dipendenti (quelli importanti venivano alloggiati nella “reggia” dell’imprenditore).

Durante il tragitto, Castelli bersagliò di innumerevoli quesiti il povero Cannavà, a proposito della “parata” in suo onore che si sarebbe tenuta il giorno dopo. Gli premeva sapere se la popolazione era stata informata a dovere (sarebbe stato alquanto sgradevole gironzolare per le vie deserte); poi, notizie sulla solidità della vara (stramazzare al suolo non faceva certo parte dei suoi piani); che tipi fossero i portantini, se persone rispettabili o facili ad alzare il gomito (nel qual caso, avrebbe mal tollerato il nauseante rollio da barca in balìa della tempesta, per colpa di una cricca di ubriaconi). E, per ultimo, un diktat che fece tremare Cannavà fino al momento in cui riuscì a rintracciare mio padre, per metterlo al corrente della tremenda novità.

“Vuole la banda!”

“La banda? E dove la peschiamo la banda, adesso?” fece mio padre, gli occhi fuori dalle orbite.

“Non lo so, ma se l’aspetta!”

“Ma tu che gli hai detto?”

“E che gli ho detto?… Che ce l’avevamo!”

“E sei bestia per quanto sei alto!”

“Ah, bestia sono?” replicò giustamente Cannavà. “E tu al posto mio che avresti detto? ‘No, guardi, caro Castelli, a tutto c’è un limite! La sua parata – perché così l’ha chiamata, ‘parata’! – non prevede musica, è solo una passeggiata tra le case di questo paese!’ Oh, ma che ti credi? Io il posto non lo voglio perdere! E sarebbe meglio che la organizzassi con me, ‘sta cosa della banda, se macari tu ti vuoi mantenere il lavoro!”

Mio padre si fermò alcuni secondi a riflettere. Cannavà attendeva trepidante.

“D’accordo, ecco cosa faremo,” disse mio padre. “Tu sei il nipote del sindaco? La banda è comunale, quindi la questione è risolta.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.