Racconta il Novecento: Modelli e storie della narrativa italiana del XX secolo (Italian Edition) by Walter Pedullà

Racconta il Novecento: Modelli e storie della narrativa italiana del XX secolo (Italian Edition) by Walter Pedullà

autore:Walter Pedullà [Pedullà, Walter]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858646199
editore: bur
pubblicato: 2013-05-21T22:00:00+00:00


PARTE SECONDA

VICENDE, MOVIMENTI E OPERE

Capitolo primo

L’italiano di D’Annunzio e il dialetto di Dossi

«Vecchio porcone che si traveste da San Francesco», questo disse Carlo Emilio Gadda di D’Annunzio in uno scatto d’ira contro colui che con le parole sapeva dire tutto quello che c’era da dire in quel momento e che si comportava come se alle parole e alla vita fosse consentita ogni licenza. Quel pescarese credeva così poco nell’esistenza autonoma della realtà che se la creava come la desiderava, quasi fosse fatta di parole, che se non c’erano le inventava scambiandole per cose vere. Uno però che nella vita è un vecchio porcone non può diventare un santo in virtù del linguaggio. Che è tutto, per D’Annunzio ma non per Gadda, che da positivista era certo che la realtà fosse dura a estinguersi.

La nazione pendeva dalle sue labbra, per via di una lingua italiana che non era stata mai tanto affascinante. Un incantatore, ecco chi era D’Annunzio. D’altronde anche Gadda era stato a lungo un dannunziano; quasi tutti lo erano nel primo ventennio del secolo. E tuttavia non fu lui a iniziare la guerra di liberazione dalla dittatura di D’Annunzio. La reazione risentita gli era venuta naturale, non aveva resistito, il Vate stavolta aveva esagerato. San Francesco era troppo, c’è un limite alle negazione della realtà, non può tanto il linguaggio. Al quale in effetti gli terrà testa per tutto il Novecento, il secolo che ha puntato sul linguaggio per immaginare un futuro molto diverso dalla realtà effettuale, ma che ogni vent’anni chiede aiuto al realismo dopo un’orgia di formalismo: le due o tre avanguardie del Novecento, se tale fosse, come alcuni pensano, anche l’ermetismo, oltre al futurismo e alla neoavanguardia.

D’Annunzio ha provato a essere come prosatore per il nuovo secolo quello che Manzoni era stato per il vecchio, ed è diventato maestro di stile e di vita optando per i linguaggi alti e prendendo così le distanze dai gruppi sociali dimessi che erano cari a quell’illuminista cattolico milanese che aveva creato una lingua comprensibile dagli umili: ovviamente i pochi non analfabeti e i pochissimi connazionali che usavano l’italiano per comunicare fra loro. D’Annunzio è andato vicino all’impresa di fare usare agli italiani come lingua la propria. Che lingua parli? Il dannunziano. Dimmi come parli e ti dirò chi sei. Un popolo di dannunziani: questo furono gli italiani per un buon terzo del Novecento.

Da qualunque posizione si osservasse il panorama letterario italiano all’inizio del secolo tutti vedevano svettare la figura di Gabriele D’Annunzio, poeta, narratore, drammaturgo, prosatore, giornalista, uomo politico e combattente, uno scrittore che ha lasciato un segno profondo in ogni arte e in ogni genere letterario, dal maggiore al minimo, dalla grande architettura narrativa al frammento, dai taccuini alla nota di costume. D’Annunzio esce trionfalmente dall’Ottocento ed entra da dominatore nel Novecento. È stato anche longevo il poeta che era stato molto precoce.

Le imposture più pericolose sono quelle che si presentano prive di rischio. Non è stato innocente nemmeno il manzonismo. Figurarsi il dannunzianesimo, che è più vistosamente



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