Sharp Adrienne - 2018 - La magnifica Esme Wells by Sharp Adrienne

Sharp Adrienne - 2018 - La magnifica Esme Wells by Sharp Adrienne

autore:Sharp Adrienne [Sharp Adrienne]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Literary
ISBN: 9788854518322
Google: RPaFDwAAQBAJ
Amazon: 8854518328
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2018-12-09T23:00:00+00:00


30.

Non ci volle molto per uscire da Boyle Heights. Da sotto la coperta sentivo il brontolio degli pneumatici sul selciato del Sixth Street Bridge, poi il traffico di Grand, Hope, Flower, Figueroa, le grandi strade che correvano da nord a sud, a est dei lunghi viali che avevamo contemplato dal nostro osservatorio in Mulholland Drive. I clacson. Il tonfo provocato dall’impatto con una buca. Lo stridio dei freni. Il mio respiro. Dall’odore intuii che mio padre si era acceso una Chesterfield. Mi chiesi se e quando mia madre avrebbe sentito la mia mancanza e sarebbe andata in garage con il solo négligé addosso, e vedendo che non c’eravamo, avrebbe chiamato l’Ebony Room e gridato al barista: «Di’ a Ike Silver di tornare a casa. E di riportare qui sua figlia». E, ah-ha!, non ci avrebbe trovati. Ma era molto più probabile che non si sarebbe accorta della mia assenza.

Mio padre svoltò bruscamente verso sud. Viaggiammo per diversi isolati, incontrando un semaforo dietro l’altro, e ogni volta papà imprecava sottovoce, con impazienza. «Porca puttana», parole che ovviamente non avrebbe mai pronunciato in mia presenza; del resto, come poteva sapere che ero lì? Poi, con una manovra abile e rapida, parcheggiò e scese dall’auto. Aspettai qualche secondo prima di tirarmi su a sedere.

Ci eravamo fermati in una strada laterale. Davanti a me, sul marciapiede, vidi alcuni uomini radunarsi e papà avanzare verso di loro con un’andatura che conoscevo bene e che assumeva sempre per mostrarsi sicuro, il passo spigliato che adottava dopo avere preso una batosta all’ippodromo. Che cosa aveva in mente? Scesi in silenzio dall’auto, acquattandomi su un lato per non farmi vedere. Lo seguii con lo sguardo mentre si fermava davanti al numero 634, poi mi avvicinai lentamente, incerta, pronta a bloccarmi a qualche metro di distanza.

Il 634 corrispondeva a una casa di stucco a due piani, stretta fra altre due strutture altrettanto anonime, con la differenza che questa aveva un’insegna affissa sopra la porta d’ingresso. Due parole che non avevo mai visto prima. Non ero neppure sicura che fossero inglesi. DEUTSCHES HAUS. Erano dipinte a caratteri elaborati, simili ai segni ebraici che avevo visto nei libri di preghiere del nonno. Per quel che ne sapevo, Deutsches Haus era ebraico, e quella casa una sorta di sobria sinagoga. Forse mio padre aveva deciso di rivolgersi a Dio perché lo aiutasse a far uscire mia madre dal letto.

Alcuni tavoli erano stati sistemati nel piccolo portico e sul prato, ma davano l’impressione di essere poco stabili ed erano sommersi di fogli. Altri uomini con completi eleganti, cappelli o berretti da operaio si muovevano confusamente sul marciapiede o si apprestavano a varcare la porta. C’erano anche diverse donne, con abiti leggeri e copricapo. Quando la porta si aprì, vidi che dal vestibolo si accedeva a una specie di grande sala; dunque, anche se l’edificio sembrava una casa, in realtà non lo era. Una casa non avrebbe avuto un auditorio pieno di sedie e allestito per uno spettacolo. La mia seconda ipotesi fu che si trattasse di un teatro e che quei fogli ne illustrassero la programmazione.



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