Sopravvissuta a un gulag cinese by Gulbahar Haitiwaji

Sopravvissuta a un gulag cinese by Gulbahar Haitiwaji

autore:Gulbahar Haitiwaji [Haitiwaji, Gulbahar]
La lingua: ita
Format: epub
editore: add
pubblicato: 2022-06-20T16:00:00+00:00


Inverno 2017

Il mio fascicolo approda al Quai d’Orsay, il ministero degli Affari esteri francese. Una conoscente di Gulhumar l’ha messa in contatto con François Croquette, ambasciatore dei diritti umani al ministero degli Affari esteri. Ascolta per un’intera mattinata sia lei che altri quattro uiguri esiliati. Grazie a lui esiste un fascicolo al consolato che porta il mio nome. Il mio caso sarà trattato come quello di una cittadina francese, hanno promesso a Gulhumar.

Da allora, una donna mora che indossa un tailleur largo e scuro la riceve una volta al mese. Nel suo ufficio sobrio e immerso nella luce, Gulhumar racconta tutto: il nostro passato a Karamay, l’arrivo in Francia, gli anni felici a Boulogne, e quella telefonata improvvisa e misteriosa, la mia partenza e la mia sparizione nelle viscere dello Xinjiang.

Confessa anche la sua ipotesi: che mi abbiano rinchiusa in un campo di rieducazione. E poi la sua paura principale: che le autorità cinesi mi condannino a morte. La donna la ascolta senza interromperla. Prende appunti e le offre un bicchiere d’acqua per farle riprendere fiato. Quando la sua voce si spezza per l’emozione, la donna si sporge sopra la scrivania che le separa e le stringe la mano con dolcezza.

Il ministero ha messo in moto la sua macchina diplomatica sul posto, a Pechino. La squadra ha contattato l’ambasciata di Francia e il ministero degli Affari esteri cinesi per intavolare dei negoziati. A questo livello si tratta anzitutto di capire dove mi trovo e perché mi trattengono. Ogni mese si tengono riunioni generali tra le autorità cinesi e l’ambasciata. Viene fatto il mio nome. Ma per il momento, dalle discussioni non emerge niente di significativo: i cinesi si limitano a prendere appunti, spiega a Gulhumar la giovane donna in tailleur. «Prendono appunti? Come sarebbe a dire che prendono appunti?» «Prendono appunti su sua madre. Li faranno leggere a qualcuno più in alto di loro.»

Gulhumar trattiene la collera. La sua interlocutrice la rassicura: a ogni incontro, a ogni summit, a ogni colloquio privato tra i dirigenti francesi e cinesi si parla della mia storia. «Le garantisco che facciamo tutto il possibile perché esca da lì.»

Nei meandri della diplomazia franco-cinese non c’è più nessuno che ignori il mio caso. L’«affare Gulhumar Haitiwaji»: una donna uigura esiliata in Francia e imprigionata senza motivo in Cina in un campo di rieducazione segreto. Per l’ennesima volta, le chiedono di avere pazienza. Le questioni di cui si discute sono estremamente delicate. La minima parola fuori posto potrebbe urtare la Cina e far archiviare per sempre il mio fascicolo. Lo Xinjiang si trova a migliaia di chilometri da Pechino. È un luogo isolato dal mondo. Al momento è fuori discussione chiedere ai cinesi di inviare una delegazione nella provincia.

Gulhumar sospira. Non c’è più tempo. Tra poco saranno due anni che mi trattengono nello Xinjiang. Parallelamente agli incontri al ministero, mia figlia si rivolge alla stampa. La donna in tailleur le ha dato il suo benestare. È certo che coinvolgendo i media, la sua battaglia avrà un’eco maggiore.



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