Teologia del quotidiano by Adriana Zarri

Teologia del quotidiano by Adriana Zarri

autore:Adriana Zarri [Zarri, Adriana]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo terzo

Il Dio critico

L’«essere perfettissimo».

La nostra povertà di dimensione trinitaria inizia a livello catechetico. È ovvio che un manuale catechistico è datato e ha una sua usura nel tempo, perché esprime una formulazione didattica della fede; e il vecchio testo di Pio X, sul quale si son formati i piú anziani di noi (io certamente), risentiva in modo vistoso della carenza che stiamo lamentando e che oggi tentiamo faticosamente di risalire. La definizione di Dio che ci offriva – l’«essere perfettissimo, creatore e signore del cielo e della terra» – è una definizione filosofica, non teologica; per lo meno non ancora secondo la teologia cristiana. È una definizione teista, non rivelata. Non è certo contraria al concetto cristiano ma gli è in gran parte estranea: la rivelazione del Dio Padre, Figlio, Spirito non ci è passata dentro, non la tocca. Eravamo andati alla scuola dei filosofi greci piú che della Scrittura.

Ma che cosa ci dice la Scrittura?

È evidente che non ci fa un trattato di teologia trinitaria, ma offre alla nostra riflessione alcuni dati asciutti, diremmo quasi didatticamente informativi: esiste un unico Dio, esistono altresí il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.

La prima riflessione che si può fare su questi pochi elementi (e su qualche altro – non molti – che andremo, via via, considerando) è che l’unità risplende certo in Dio nella piú alta perfezione e che perciò la pluralità di questo Padre, Figlio, Spirito, che la teologia chiamerà poi persone, non può in alcun modo sminuirla, appannarla, incrinarla. L’unità convive, quindi, con la pluralità. Ma in Dio niente è per caso. Non può quindi trattarsi di una convivenza accidentale che potrebbe essere o non essere. Evidentemente si tratta di una compresenza necessaria. La pluralità è perciò necessaria all’unità che ci appare con questo carattere articolato.

Nell’unità di Dio c’è la pluralità. Dentro a questa unità c’è: non fuori, non vicino, quasi una correzione. Se lo Spirito Santo – che è la terza, l’ultima, delle persone di Dio (evidentemente quando dico «primo» e «ultimo» lo intendo in senso logico, ontologico, non temporale) – è l’unificatore, ciò vuol dire che «prima» non c’è l’unità. È lui, l’unificatore, che la crea; e ciò avviene alla fine del ciclo trinitario. Ecco perciò che l’unità si instaura sulla pluralità, ed essa, lungi dal contraddirla, è il suo terreno d’impianto; per cui potremmo dire che il tre è il vero uno; l’uno metafisico; e prima non esiste l’unitario ma solo il monolitico, il generico, l’indifferenziato.

Da questa articolazione di Dio discende il vero concetto di unità che non è uniformità ma qualche cosa di pluralistico, composito e dinamico. Perché, se c’è un unificatore c’è un’unificazione, un divenire, un farsi (ma su questo torneremo piú avanti). A questa luce noi cogliamo come una delle tante disastrose conseguenze della mancanza di dimensione trinitaria sia un concetto monolitico e livellato di unità che ce la fa confondere con l’uniformità: un errore e un «peccato» antitrinitario, presente soprattutto nelle strutture rigide e assolute e quindi anche nella chiesa. Quante volte



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