Ti dico la verità by Paola Turroni

autore:Paola Turroni [Turroni, Paola]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Lindau
pubblicato: 2018-01-24T23:00:00+00:00

E se poi succede qualcosa?

Non sono stato sempre solo. Ho avuto bisogno di una compagna in quel periodo, per quasi due anni. Forse ad alcuni può sembrare banale, necessario, forse per altri può sembrare immorale, ingiusto. Non credo sia niente di tutto questo. Incontri una persona che ti fa del bene, che si occupa di te, che ti tiene in piedi perché si occupa un po’ di te. La tieni, le vuoi bene, non sai della tua vita cosa ne sarà, pensi solo fino a domani.

Non facevo programmi, non provavo un’altra vita, non sceglievo davvero quasi nulla, mi affidavo a ciò che sentivo, al mio corpo arrabbiato, al fatto che una donna mi potesse tenere nella mente, volermi. Nonostante i continui giudizi della gente, le dita puntate, gli sguardi giudicanti, tutto quell’armamentario di cui si servono le persone quando non pensano, quando non sanno nulla.

Certo, mi sono sentito in colpa. Ma è stato importante per me averla accanto, parlarle. La presenza di Viviana era costante, tutte le questioni da risolvere che la riguardavano, non deve essere stato facile per lei tenerne conto sempre, ma lo fece. E questo mi ha permesso di sentirmi un poco meno solo. In quel momento serviva quello, bastava quello.

Non ho nascosto nulla, ma non dovevo dare spiegazioni a nessuno, andavo cauto e rispettavo i sentimenti di tutti, ma io dovevo sopravvivere, avere coraggio per tutti, e mi prendevo ciò che poteva sollevare un poco l’orizzonte della giornata, che potesse far arrivare l’alba, proprio quando non ero più certo che l’alba potesse davvero arrivare ogni giorno.

Viviana è rimasta più o meno stabile per due anni e mezzo. Poi sono cominciate le crisi neurovegetative, all’inizio lievi, quasi impercettibili, con il passare delle settimane sempre più violente. L’ho vista rompersi, l’ho vista invasa, abbattuta, ho visto un corpo gettato al cielo e schiacciato a terra. Ho visto terrore, accanimento, pazienza, rabbia.

Bisogna sapersi fermare, avere pietà. Lasciare che il corpo vada in pace, lasciare che il corpo sia stato vivo, lasciare che il corpo sia stato.

Bisogna che a un certo punto prevalga la memoria, che i bambini crescano felici, che si sappia stare senza.

La prima volta pensavano che si trattasse di un’infezione, aveva la febbre alta e le convulsioni, hanno pensato a un episodio sporadico. Poi le crisi hanno iniziato a prenderla ogni tre giorni, alle tre e alle sei del pomeriggio. Ero al lavoro, guardavo l’orologio e sapevo che in quel momento stava male, è stata un’agonia senza tregua, precipitata, il corpo se n’è andato con una scansione del tempo martellante, inesorabile.

Ciò che si pensa o si suppone, che si dà per certo, che si riscontra nella prassi, non ha quasi mai avuto conferma nella mia storia. Ho imparato strada facendo un linguaggio nuovo, e con quello ho rispiegato la realtà come la vivevo, in diretta, senza riparo.

Poi le crisi vennero ogni giorno e duravano sempre di più, si lussò entrambe le spalle. È stato un supplizio vederla così, come se una forza altra, che non appartiene né alla vita né alla morte, la prendesse e la scuotesse.

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