alba nera su tokyo by barry eisler

alba nera su tokyo by barry eisler

autore:barry eisler
La lingua: ita
Format: mobi
Tags: thriller
pubblicato: 0100-12-31T23:00:00+00:00


12.

Il giorno dopo, tramite il cerca-persone e la solita bacheca elettronica, mi misi in comunicazione con Tatsu, e stabilimmo di incontrarci al sento, cioè ai bagni pubblici, di Ginza-yu. Il sento, è una vera e propria istituzione in Giappone, anche se dopo la fine della guerra ha subito un progressivo declino, perché gli appartamenti nuovi erano dotati di vasca da bagno, e da necessità igienica è diventato più che altro un piacere. Il sento, tuttavia, come tutti i piaceri che hanno valore non solo per il loro effetto, bensì anche per il rituale che comportano, non scomparirà mai completamente. I lenti rituali dello strofinamento e dell'abluzione, e la condizione di profondo rilassamento che può derivare soltanto dall'immersione in un'acqua che il sempliciotto potrebbe definire bollente, implicano elementi di devozione, di festa e di meditazione che servono da necessario complemento a una vita degna di questo nome.

Ginza-yu sorge a una distanza geografica e psicologica enorme dal para-diso dello shopping per cui il quartiere è in genere più noto, e quasi si nasconde all'ombra del cavalcavia della superstrada Takaracho, manifestando la propria presenza con un'unica e sbiadita insegna dipinta a mano. Aspettai in un portone sul lato opposto della strada, finché non vidi arrivare Tatsu a bordo di un'auto priva di contrassegni. Parcheggiò accanto al marciapiede e scese. Io aspettai che girasse l'angolo, diretto verso l'entrata laterale del bagno pubblico, e poi lo seguii.

Un attimo dopo mi vide arrivare. Si era già tolto le scarpe e stava per infilarle in uno degli armadietti appoggiati alle pareti appena oltre la porta.

«Di cosa si tratta?» chiese.

Io mi ritrassi, come se avesse ferito la mia sensibilità. Mi guardò per un lungo istante e poi, sospirando, mi domandò: «Come va?»

Io mi chinai e mi tolsi le scarpe. «Bene. È carino, da parte tua, doman-darmelo. E tu?»

«Benissimo.»

«Tua moglie? Le tue figlie?»

Non poté fare a meno di sorridere, sentendo evocare la sua famiglia.

Annuì e disse: «Stanno tutte bene. Grazie.»

Gli sorrisi. «Quando saremo dentro, ti spiegherò.»

Mettemmo via le scarpe. Io avevo già comprato gli accessori necessari nel negozietto di fronte - shampoo, sapone, spugna e asciugamani - e, mentre entravamo, diedi a Tatsu quel che gli serviva. Pagammo al proprietario il prezzo di quattrocento yen fissato dal governo (che poi interviene con adeguati sussidi), salimmo l'ampia scala di legno che conduceva agli spogliatoi, dove ci svestimmo, per poi oltrepassare una porta a vetri a scor-rimento laterale fino alla zona-bagno vera e propria, che era completamente deserta - l'orario di punta, in questi posti, è quello serale - e, come lo spogliatoio, spartana nella sua totale mancanza di pretese: un semplicissi-mo e grande locale a pianta quadrata, dal soffitto alto, le pareti di piastrelle bianche da cui gocciolava il vapore condensato, alcune lampade al neon e, su una parete, una ventola per l'aerazione che sembrava ormai sfinita dalla sua lunga e perdente battaglia con il vapore. L'unica concessione a un'estetica non strettamente utilitaristica era un ampio e coloratissimo mosaico di Ginza 4-chome sulla parete che sovrastava la grande vasca. Ci sedemmo e cominciammo a strigliarci.



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