Aleksandra Kollontaj by Hélène Carrère d'Encausse

Aleksandra Kollontaj by Hélène Carrère d'Encausse

autore:Hélène Carrère d'Encausse [Carrère d’Encausse, Hélène]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-05-16T12:00:00+00:00


Capitolo settimo

Contro Lenin: l’Opposizione operaia

Dal 1915 Aleksandra Kollontaj era schierata con Lenin e ne difendeva con convinzione le tesi sulla pace, la nuova Internazionale, la rivoluzione immediata. Certo, a volte si era trovata in disaccordo con lui, sulla pena di morte, su Brest-Litovsk soprattutto. Ma la fedeltà a Lenin, il riconoscimento della sua autorità politica e morale finivano sempre per riconciliarli, o meglio per costringere Kollontaj a cedere o a non esprimere i suoi dubbi.

L’adesione costante alla linea imposta da Lenin, però, giunge al termine nel 1921, quando Aleksandra Kollontaj si impegna nell’Opposizione operaia a fianco di Šljapnikov. All’epoca, lui dirigeva il sindacato dei metalmeccanici. La sua unica preoccupazione era di difendere il posto dei lavoratori e del sindacalismo nello Stato russo, cosa che lo porta a opporsi al Partito. Nel corso del 1920, cessata la guerra civile, i bolscevichi tornano nuovamente a riflettere sulle questioni del governo, della forma e delle funzioni dello Stato. Lenin e i suoi sostenitori continuano a giurare di aver costruito una democrazia proletaria, ma ormai è evidente a tutti che, contrariamente alla promessa di Lenin in Stato e rivoluzione, il Paese non è governato da una cuoca bensí da una piccola élite. La Nona Conferenza del Partito ne aveva discusso apertamente nel settembre del 1920. Due gruppi di pensiero erano venuti allo scontro. L’opposizione di sinistra esigeva una riforma del Partito e del governo burocratizzati, e il partito bolscevico si disse disposto a discuterne. Per contro, la sfida che gli lanciava l’Opposizione operaia guidata da Šljapnikov lo metteva alle strette. Il movimento chiedeva che fossero i sindacati a controllare l’industria e che i lavoratori partecipassero realmente al processo decisionale del Partito e del governo che la burocrazia aveva monopolizzato.

Alla Nona Conferenza, Kollontaj non aveva sostenuto l’Opposizione operaia. Si era opposta a Lenin sulla questione della pace di Brest-Litovsk, ma poi si era riconciliata con lui e l’aveva costantemente appoggiato. Durante il convegno era intervenuta con moderazione, chiedendo che le critiche formulate dall’Opposizione operaia fossero liberamente dibattute in seno al Partito, senza farne oggetto di sanzioni: «Non si deve sanzionare chi critica spedendolo a prendere il sole», disse, riferendosi all’espulsione con un’abile battuta.

Nel novembre del 1920, Trockij propose una riforma dei sindacati. Era necessario, affermò, riorganizzarli prendendo spunto dall’esercito, cioè militarizzando la rappresentanza operaia in modo che potesse partecipare efficacemente al funzionamento dell’economia. Quella riforma implicava l’inclusione del sindacalismo nel governo e nell’azione del governo, proposta che suscitò una violenta opposizione da parte dei fautori dell’autonomia sindacale. A ciò, Lenin aggiunse la sua personale concezione del posto che spettava ai sindacati nel sistema di potere. Contestò il principio della loro integrazione nel governo, spiegando che i sindacati rappresentavano la classe dirigente – il proletariato – e quindi erano «scuole di comunismo per le masse» incaricate di assicurare il collegamento tra l’avanguardia – il Partito – e i lavoratori piú arretrati. I sindacati non erano organi di governo, né erano in grado di dirigere l’industria. La posizione di Lenin ebbe il sostegno di nove membri del



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