Asia al centro by Franco Mazzei & Vittorio Volpi

Asia al centro by Franco Mazzei & Vittorio Volpi

autore:Franco Mazzei & Vittorio Volpi [Mazzei, Franco & Volpi, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Egea
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo 8

LA CINA E LA GLOBALIZZAZIONE

La straordinaria marcia verso il capitalismo da parte della RPC ha avuto inizio poco più di un quarto di secolo fa, quando il «Piccolo Timoniere», Deng Xiaoping, prende il potere «demaoizzando» il paese, traumatizzato dalla rivoluzione culturale, e vara, a partire dal 1978, un vasto e rivoluzionario programma di «apertura e riforme» (gaige kaifang)1.

I principali dispositivi dell’apertura riguardano essenzialmente la Cina costiera, ricca e sovrappopolata: essi sono in primo luogo le ZES (Zone Economiche Speciali), create a partire dal 1980 allo scopo di favorire gli investimenti e rivelatesi decisive per l’industrializzazione delle due province costiere meridionali del Guandong e del Fujian; poi l’apertura dei porti, delta e fiumi; infine l’istituzione di tre borse valori (Shenzhen, Shanghai, Hong Kong).

Dall’esterno, i principali impulsi economici – Investimenti Diretti Esteri (IDE) e flussi commerciali – provengono da Taiwan, dalla Corea del Sud, e dalla diaspora del Sud-Est asiatico, oltre che dal Giappone, dagli USA, dall’UE e dai paesi dell’ASEAN.

Alla Cina ricca e sovrappopolata della costa, si contrappongono la Cina delle colline del centro e quella montuosa occidentale: quest’ultima poverissima, scarsamente popolata e con forti minoranze etniche (tibetani e uiguri che sono turcofoni e musulmani).

In un tempo straordinariamente breve, grazie a questa accorta politica del governo centrale, la Cina diventa una potenza esportatrice fenomenale, inondando il mondo di prodotti tessili, calzature, giocattoli, di prodotti elettronici di largo consumo e, gradualmente, di beni a più alto contenuto tecnologico.

Come più volte sottolineato, questo «comunismo di mercato» sembra muoversi a pieno agio nella globalizzazione capitalistica, grazie alla tradizione culturale universalistica, la cui mancanza, invece, ha creato non pochi problemi all’altra grande potenza dell’Estremo Oriente, il Giappone. Nel volgere di pochi anni, la Cina, soprattutto costiera, muta radicalmente volto. Per milioni di famiglie, questa apertura ha portato un notevole innalzamento del livello di vita: i salari sono aumentati in media del 12 per cento l’anno, secondo le statistiche ufficiali, pur rimanendo ancora bassi rispetto a quelli dei paesi ricchi.

Questo processo di apertura e di riforme è stato accompagnato da una spietata politica antinatalista per il controllo delle nascite, la nota politica «del figlio unico» – di cui si è già detto – applicata con particolare severità soprattutto nelle città (prima con l’infanticidio femminile, oggi tramite l’aborto selettivo previa ecografia). Abbiamo già parlato degli effetti negativi di questa politica: qui ricordiamo solo il precoce invecchiamento della popolazione, per cui la Cina, a differenza del Giappone e dell’Europa, rischia d’invecchiare prima d’arricchirsi.

Nello stesso tempo, lo stato s’è lanciato in una frenetica modernizzazione del paese, moltiplicando la costruzione di infrastrutture: porti, aeroporti, autostrade, ferrovie, ponti, grattacieli, stadi per le Olimpiadi di Pechino nel 2008, installazioni per l’Esposizione Universale di Shanghai nel 2010 ecc. Simbolo di questa frenesia modernizzante può essere considerata Shanghai.

Due incidenti di percorso nell’ultimo decennio, la crisi finanziaria asiatica del 1997-98 e l’epidemia della sindrome respiratoria severa atipica (la SARS) nel 2003 hanno condizionato ma non compromesso la sua crescita. Oggi la Cina è la quarta potenza economica del mondo davanti a Inghilterra e Francia;



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