Aut aut 344 - Judith Butler. Violenza e non-violenza by AA.VV

Aut aut 344 - Judith Butler. Violenza e non-violenza by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


J. Butler, Critique, coercion, and sacred life in Benjamin’s “Critique of Violence”, in H. de Vries, L.E. Sullivan (a cura di), Political Theologies. Public Religions in a Post-secular World, Fordham University Press, New York 2006, pp. 201-219.

1. Le citazioni fanno riferimento alla traduzione italiana di Renato Solmi, Per la critica della violenza, in W. Benjamin, Opere complete, vol. I: Scritti 1906-1922, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhäuser, edizione italiana a cura di E. Ganni, Einaudi, Torino 2008, pp. 467-488, con alcune modifiche che vengono di volta in volta indicate. Le citazioni in tedesco sono tratte da Zur Kritik der Gewalt, in Gesammelte Schriften, sotto la direzione di Th.W. Adorno e G. Scholem, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1977, vol. II, tomo I, pp. 179-203.

2. La parola che Benjamin usa per “fato” è das Schiksal che si traduce in inglese più propriamente con “destiny”. [Invece che con “fate”, il termine che usa Butler in inglese, N.d.T.]

3. Rosenzweig sostiene che il comandamento rappresenta uno sforzo orale e scritto da parte di dio per sollecitare l’amore nel suo popolo (La stella della redenzione, 1981, a cura di G. Bonola, Marietti, Casale Monferrato 1985, pp. 230-232). Il fatto che Rosenzweig si concentri sull’amore corrisponde agli sforzi in atto all’epoca per rivitalizzare la dimensione spirituale dell’ebraismo in contrapposizione alle riforme rabbiniche che si concentravano invece sull’elaborazione di regole e sulla scienza della loro interpretazione. L’interesse che Rosenzweig aveva per l’ebraismo come movimento spirituale lo portò a sostenere che il popolo ebraico “deve proibirsi quella forma di soddisfazione che i popoli del mondo trovano costantemente nello stato” (ivi, p. 355). Egli sosteneva inoltre che “lo stato è il tentativo che è necessario rinnovare incessantemente, di conferire eternità ai popoli nel tempo” (ibidem). Perché tale eternità venga assicurata, tuttavia, le nazioni devono essere perpetuamente rifondate, oltre al fatto di richiedere la guerra per perpetrare se stesse. Nella visione di Rosenzweig la vita è costituita dalla preservazione e dal rinnovamento. Il diritto emerge come antitesi della vita nella misura in cui istituisce una durata e una stabilità che opera contro la vita e diventa la base per la coercizione dello Stato. Egli cercò di intendere l’ebraismo come qualcosa che va al di là delle contraddizioni che affliggono le nazioni, e dunque di distinguere l’idea del popolo ebraico da quella della nazione ebraica.

4. Per una testimonianza del rapporto irrisolto che Benjamin aveva con il sionismo, cfr. il carteggio tra Benjamin e Scholem dell’estate 1933, in W. Benjamin, Lettere, 1913-1940 (1966), raccolte da G. Scholem e Th.W. Adorno, trad. di A. Marietti e G. Backhaus, Einaudi, Torino 1978.

5. Cfr. J. Derrida, Forza di legge (1994), Bollati Boringhieri, Torino 2003, p. 88.

6. H. Arendt, Sulla violenza (1970), Guanda, Parma 2008.

7. Benjamin associa l’espiazione e il castigo con il mito sia in questo saggio sia in molti altri saggi dello stesso periodo. Contrappone anche chiaramente l’operazione della critica al mito che, dal suo punto di vista, fa guerra alla verità. Cfr. per esempio “Le affinità elettive” di Goethe, scritto tra il 1919 e il 1922 (trad.



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