Biglietto scaduto by Romain Gary & F. Riccardi

Biglietto scaduto by Romain Gary & F. Riccardi

autore:Romain Gary & F. Riccardi [Gary, Romain & Riccardi, F.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa, Generica
ISBN: 9788854501386
Google: O6kLLgAACAAJ
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2008-01-01T23:00:00+00:00


10.

Dovevano essere le due di mattina. Laura era già a metà persa nel sonno: solo la punta del suo naso arrivò fino alla mia guancia ma il bacio si perse per strada e lei rimase immobile nell'atteggiamento dei bambini che non hanno fatto a tempo a raccogliere il loro corpo prima di addormentarsi. Ero solo nella penombra rosea della lampadina. Il mezzo scacco che avevo appena subito, quell'eternità che fu soprattutto una lotta accanita contro il corpo usato che aveva preso il posto del mio e rifiutava di servire, aveva moltiplicato il dispendio nervoso e mi aveva lasciato in uno stato crepuscolare in cui il dolore stesso mancava di intensità al punto che l'inerzia salvava il pensiero dalla disperazione. Le mie braccia, le spalle, le cosce circondavano con la loro pesantezza un disseccamento, un'inesistenza essenziali, un vuoto in cui la morte pareva esser venuta in incognito nel corso di un giro di ispezione.

Sentii un leggero scricchiolio. Uno scivolare furtivo sulla moquette... E poi il silenzio assoluto e là dove l'oscurità mi era parsa muoversi, una immobilità del nero nel nero dove, pure, i miei occhi distinguevano una differenza di spessore...

La mia mano cercò l'interruttore. Accesi.

Fu istantaneo. Un balzo e l'uomo appoggiò alla mia gola la punta del coltello.

Portava il berretto e l'uniforme di un autista privato. Sotto la spallina destra era infilato un paio di guanti neri con le dita alzate, ricurve e rapaci. La giacca era sbottonata e vedevo al di là del braccio teso una canottiera bianca.

Non avevo mai visto un viso di bellezza tanto animale. Le sopracciglia nere si incrociavano al centro, le labbra avevano una smorfia dura, l'espressione non mostrava traccia di esitazione: era pronto a uccidere. Sarebbe bastato che abbozzassi un gesto un po' brusco e tutto sarebbe finito, mi sarebbero state risparmiate la vigliaccheria, l'accettazione, l'adattamento. Ma non mi mossi. Volevo prolungare quel momento, far durare quella possibilità di liberazione, gustare ancora quell'improvvisa assenza di ogni peso, il senso di leggerezza e di vita intensa che tendeva ogni molla del vecchio arnese malandato.

Ci fu sul suo viso una traccia di inquietudine, perché sorridevo. Era forse per la prima volta da molto che il mio sorriso diceva la verità, parlava veramente a mio nome invece di nascondermi. La punta della lama premette un po' più forte contro il mio collo. Non l'aveva appoggiata al centro ma sopra la carotide. Conosceva i punti giusti.

Non ricordavo di aver gustato una simile sensazione di essere ridiventato me stesso da quando mi ero rifugiato nell'ironia. Spiai la mia respirazione: nessuna traccia di emozione. Tutto sommato, non ero poi cambiato molto e, per l'essenziale, ero ancora lo stesso che ai tempi dei tedeschi. Arabo, pensai. Ma la punta del coltello posata nel punto preciso dell'emorragia mortale fece passare in un lampo, nella mia memoria, il cielo di Andalusia e la morte di un toro sotto la spada di Juan Belmonte a cui avevo assistito poco tempo prima che il matador mettesse fine alla sua stanchezza con un colpo di fucile. Stavo bene.



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