Canfora Luciano - 2009 - La natura del potere by Canfora Luciano

Canfora Luciano - 2009 - La natura del potere by Canfora Luciano

autore:Canfora Luciano [Canfora Luciano]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Political Science, Public Policy, Economic Policy, Saggistica
ISBN: 9788858112250
Google: dzGODAAAQBAJ
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2014-03-18T23:00:00+00:00


Cesare soleva dire che «la sua sopravvivenza fisica non era di suo personale interesse, al contrario interessava soprattutto la repubblica»; «la repubblica - precisava -, se a lui fosse accaduto qualcosa, sarebbe precipitata in guerre civili di molto più gravi delle precedenti»10. Cesare era consapevole della non infrequente presenza dell’attentato nella pratica politica romana: Tiberio Gracco era stato ucciso in pubblico a sprangate da gruppi di senatori inferociti, e così suo fratello. E nondimeno, pur sapendo di essere esposto a rischi nonostante la sua lungimirante clementia,

Cesare prese una iniziativa clamorosa: congedò la efficientissima scorta di soldati spagnoli che abitualmente lo proteggevano. E dopo pochi giorni fu ucciso, a tradimento, in Senato. Ventitré pugnalate di cui una sola mortale.

La sera prima dell’attentato, a cena presso Marco Lepido - Cesare era tra gli invitati - qualcuno portò la conversazione sul tema: qual è il genere di morte preferibile?

Cesare, interpellato, disse: «ad ogni altra ne preferisco una rapida e improvvisa»11.

Forse si trattò di un tortuoso avvertimento? La notte fu una notte di incubi. Calpurnia, sua moglie, sognò che il tetto della casa si sollevava e che il marito le veniva assassinato in grembo mentre le porte della stanza si spalancavano. Cesare sognò di volare in cielo e di stringere la mano a Giove. Nel turbamento conseguente a una tale notte stava per decidere di rinviare la seduta in Senato. Ma Decimo Giunio Bruto Albino, il congiurato che aveva il compito di stargli addosso sin dal mattino e che godeva della totale fiducia della vittima designata, fece leva sul suo ben noto disprezzo per la superstizione. In tono laico-scherzoso cominciò a farsi beffe degli indovini. Cesare si lasciò convincere. Lungo la strada verso il Senato - racconta Plutarco - un greco di nome Artemidoro, amico di amici di Marco Giunio Bruto (il pezzo più prelibato della congiura), gli mise tra mano un libello in cui gli denunciava la congiura, di cui qualcosa era trapelato. Ma Cesare lo passò al segretario senza nemmeno leggerlo. Intanto i congiurati erano già in Senato. Un tale si avvicinò a Casca (uno dei congiurati, quello che doveva colpire per primo) e gli sibilò: «Tu ci nascondi il segreto, Casca, ma Bruto mi ha rivelato tutto», lasciandolo di sasso.

Popilio Lenate si avvicinò a Bruto e a Cassio e disse a bruciapelo: «Prego perché possiate compiere l’impresa che avete in mente. Vi esorto a far presto. La cosa ormai è risaputa»12.

Quando Cesare giunse, i venti e passa congiurati gli si strinsero intorno fingendo di voler caldeggiare una supplica, ma all’improvviso cominciarono a colpire. Avevano paura. Casca, come d’intesa, colpì per primo, ma Cesare, pur ferito di striscio al collo, afferrò il pugnale e lo tenne fermo. Allora - narra Plutarco - cominciarono a urlare. Cesare si difese come una belva ferita, finché Bruto, che forse era figlio suo e di Servilia, sua amante, lo colpì all’inguine. Allora si coprì per morire composto, ben sapendo, come lo sapeva anche Socrate morente, che la morte è brutta da vedersi. Era il 15 marzo del 44 a.



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