Che guerra sarà by Mini Fabio

Che guerra sarà by Mini Fabio

autore:Mini, Fabio [Mini, Fabio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Contemporanea
ISBN: 9788815335647
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00


7. Le guerre americane

Il ruolo di massima potenza militare comporta l’onere e la responsabilità di ricorrere alla guerra. Gli Stati Uniti non si sono mai sottratti all’onere, ma hanno sempre cercato di scaricare su altri la responsabilità. L’onere è stato anzi assunto come mandato divino e la responsabilità è stata elusa con i pretesti di guerra. Gli Stati Uniti sono sempre in guerra e mentre combattono quelle del presente preparano le successive. In ogni caso le guerre in corso servono anche a sperimentare armi e dottrine per le guerre future. Non è quindi difficile pronosticare le guerre americane. In Iraq, la situazione è altamente insoddisfacente. Il governo iracheno tende a precludere ulteriori spazi agli americani e le molte corporazioni presenti sul territorio premono per maggiore libertà d’azione. Il governo iracheno fortemente influenzato dall’Iran non controlla pienamente il proprio esercito e si deve affidare alle brigate di cosiddetti volontari sciiti. D’altra parte, con la riconquista di Mosul, il Curdistan iracheno pretenderà più autonomia se non proprio la secessione. Agli Stati Uniti non conviene affatto legarsi al governo iracheno e nemmeno ignorarlo. La terza guerra all’Iraq sarà veloce e l’Iraq non esisterà più, come vuole Israele. E questo aprirebbe le porte a un conflitto con l’Iran.

L’Iran potrebbe contribuire all’equilibrio globale controbilanciando il potere degli Stati arabi e quindi lo strapotere americano nell’area del golfo Persico. Per questo, viene considerato parte dell’Asse del male. La chiusura statunitense all’Iran ne aumenta il desiderio di rivalsa e in caso di rottura definitiva porterebbe soltanto all’ovvia conclusione che da solo, o con l’aiuto di qualcun altro, come Russia e Cina, l’Iran sentirà la necessità di dotarsi di ordigni nucleari. L’Iran è ancora più povero della Russia con i suoi 80 milioni di abitanti con un Pil pro capite di 6.000 dollari. La politica economica degli ultimi anni non ha nemmeno tentato di crescere, quasi a dimostrare di voler rimanere una piccola economia. Demograficamente è in netta capitolazione e non si può permettere né emigrazioni né guerre. Sul fronte economico il Pil ha raggiunto il suo massimo nel 2011 con 592 miliardi di dollari e ha poi cominciato a decrescere fino ai 425 miliardi del 2016 con un calo del 25% in cinque anni. L’inflazione è cresciuta, i prodotti iraniani hanno perso di competitività, sono aumentate le importazioni. Negli ultimi cinque anni sono state chiuse oltre 2.500 industrie, è andato perduto oltre mezzo milione di posti di lavoro senza che ne sia stato creato uno solo nuovo. L’Iran non era certamente in una posizione di forza quando negoziò l’accordo con Obama. La stessa prospettiva di dotarsi di armamenti nucleari avrebbe fornito a Israele il pretesto per attaccarla. Obama in realtà negoziò con l’Iran non perché fosse filoiraniano, ma per attuare il progetto di spostamento dell’asse strategico in Estremo Oriente (Asia Pivot) e smontare la politica aggressiva d’Israele in tutto il Medioriente. E Israele non gliel’ha perdonato. A dispetto di ciò che pensano gli Stati Uniti, l’Iran è retto da un sistema politico niente affatto monolitico o teocratico. Il potere, nella sostanza, è molto più secolare e pragmatico di quello americano.



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