Chi vince non sa cosa si perde by Stefano Bartezzaghi

Chi vince non sa cosa si perde by Stefano Bartezzaghi

autore:Stefano Bartezzaghi [Bartezzaghi, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2024-04-18T00:00:00+00:00


4.4. Elogio dei tumulti

Nelle società in cui non c’è uno Zeus che provveda a fondare l’Agone chi e cosa può arginare la prima Eris, l’impulso distruttivo, il cupo orizzonte di morte che per il guerriero (seguendo Weil) non è il limite dell’avvenire umano ma è l’avvenire stesso? Una possibile risposta alla domanda è machiavelliana per origine e machiavellica per carattere: a fondare l’Agone è la discordia stessa.

Persino il tumulto popolare non è visto di mal occhio dall’antropologia politica di Niccolò Machiavelli, che inaugura il pensiero moderno con una lucida considerazione del conflitto sociale. Il popolo, dice, si rivolta quando lo si vuole opprimere o quando sospetta di poter essere oppresso. Nel primo caso fa benissimo a rivoltarsi; nel caso in cui invece il sospetto sia ingiustificato una voce credibile può convincere il popolo della verità. Nella circostanza Machiavelli sembra alludere al famoso apologo che Menenio Agrippa indirizzò alla plebe ritiratasi sul Monte Sacro o Aventino in rivolta contro i patrizi (494 a.C.). L’apologo paragona la struttura sociale romana a un corpo composto di organi, ogni membro necessario per il benessere generale a ogni altro. Non nemici ma amici; non scontro ma confronto; non competizione ma cooperazione.

Pur non avendo fatto diretto riferimento all’episodio Machiavelli si sofferma sugli effetti positivi che ebbe la rivolta: l’istituzione del tribunato della plebe e l’affidamento ai rappresentanti del popolo della salvaguardia della libertà di tutti contro ogni possibile sopruso. “E se i tumulti furono cagione della creazione de’ tribuni meritano somma laude; perché oltre al dare la parte sua all’amministrazione popolare, furono constituiti per guardia della libertà romana […]”22. Tutt’altro che occasionale, il riferimento alle vicende della repubblica romana non è certo da confinarsi nell’ambito di un semplice commentario a Tito Livio: risponde viceversa a un’idea molto più ampia e anche a uno schema astratto che consente comparazioni fra storia antica e moderna.

“Umori”: è con un termine che rinvia già all’antica immaginazione fisiologica che Machiavelli definisce le tendenze presenti nella società ed è da ascrivere alla sua riconosciuta sapienza letteraria la finezza della figura retorica (una metonimia) che individua le fazioni (“populo” e “grandi”) attraverso le passioni che rispettivamente le attraversano (“umori”):

Perché in ogni città si truovano questi dua umori diversi; e nasce da questo, che il populo desidera non essere comandato né oppresso da’ grandi, e li grandi desiderano comandare et opprimere el populo: e da questi appetiti diversi nasce nelle città uno de’ tre effetti, o principato o libertà o licenzia23.



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