Ciarlatani by Francesco M. Galassi_Elena Percivaldi
autore:Francesco M. Galassi_Elena Percivaldi [Francesco M. Galassi_Elena Percivaldi]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2022-11-14T23:00:00+00:00
Capitolo 9
Grasso è bello (e utile): quando lâadipe valeva oro
Il grasso corporeo in eccesso gode oggi di una pessima stampa e, più in generale, dâuna cattiva percezione pubblica e individuale â non certo soltanto per ragioni estetiche. Sovrappeso e obesità , definiti rispettivamente come un indice di massa corporea (IMC o, in inglese, BMI) compreso tra 25 e 29,99 e pari o superiore a 30, sono infatti estremamente dannosi per la salute, in quanto rappresentano un importante fattore di rischio per malattie cardiovascolari quali lâinfarto miocardico e lâictus, lâipertensione arteriosa, il diabete mellito di tipo 2, la sindrome metabolica e diverse forme di tumori. Lâobesità , purtroppo oggi in drammatico aumento, accresce anche il rischio di malattie della colecisti (calcoli biliari) e delle malattie muscolo-scheletriche, specialmente lâartrosi degenerativa, ed è pertanto associata a mortalità elevata.
In passato, però, la sua percezione era diversa. Le società antiche, fisicamente molto più attive di quella odierna â come ci dimostra lo studio dei loro resti osteologici â, erano più delle attuali alle prese con la necessità di procurarsi cibo sufficiente alla sussistenza, sfidando spesso condizioni ambientali e meteorologiche avverse. Il grasso corporeo rappresentava pertanto una risorsa non indifferente, che poteva fare, in caso di carestia, la differenza tra mortalità e sopravvivenza. In sostanza, questo era il vantaggio evoluzionistico rappresentato dalla capacità del corpo dellâuomo anatomicamente moderno (Homo sapiens) di accumulare adipe, una fonte di energia che poteva essere mobilizzata in condizioni di necessità .
Tra gli etruschi, il sovrappeso era con tutta probabilità abbastanza diffuso, tanto da generare lâinsorgenza dâun vero e proprio luogo comune associato allâinclinazione godereccia di tale popolo: ne sono testimonianza sia gli epiteti utilizzati nel I secolo a.C. da Catullo e Virgilio (rispettivamente «obesus Etruscus» e «pinguis Tyrrhenus»), sia alcuni sarcofagi che raffigurano personaggi in evidente sovrappeso e ritratti come se stessero banchettando (il più noto è il sarcofago dellâObeso, appunto, databile alla prima metà del III secolo a.C. e conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze). Allo stesso modo, nel mondo medievale il sovrappeso e lâobesità erano associati a ricchezza e opulenza e pertanto rappresentavano uno status symbol che indicava prosperità economica e potere, sebbene non mancassero esempi di personaggi che si rendevano conto del nocumento che una massa corporea troppo elevata poteva portare. Un caso emblematico è quello dello scrittore e poeta Giovanni Boccaccio (1313-1375), il quale morì, come dimostrato da uno degli scriventi (F.M.G.) e dai suoi colleghi paleopatologi, per le conseguenze dâuno scompenso epato-cardiaco derivato dalla sua patologica obesità . Il famoso certaldese il 3 aprile del 1365, quindi dieci anni prima del decesso e ancora in piena attività letteraria, scrisse una lettera allâumanista e grammatico Donato Albanzani, in cui menzionò la propria eccessiva obesità («nimia gravedo») e lâincapacità da parte sua di arrestarne lâaumento («continue efficiar pinguior»), concludendo che non dubitava che fosse proprio questa sua pinguedine che lo avrebbe avvicinato alla morte («nec iam dubito quin hec sit que propinquam afferat mortem»).
La percezione generalmente negativa dellâeccesso di grasso corporeo, già teorizzata dai greci e ripresa dai romani, tornò a
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