Cinema. Il destino di raccontare by Giacomo Debenedetti

Cinema. Il destino di raccontare by Giacomo Debenedetti

autore:Giacomo Debenedetti [Debenedetti, Giacomo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Art, Film & Video
ISBN: 9788893447928
Google: 8_V1DwAAQBAJ
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2018-11-07T23:00:00+00:00


Fuori l’autore

È curioso che si discuta ancora se il cinema sia un’arte; più curioso che la discussione si svolga come un processo di “ricerca della paternità”. Vogliamo sapere chi è il responsabile. Vogliamo sapere se ci sia, e chi sia il poeta, l’artista creatore, e vi diremo se il cinema è arte o non lo è. Il gran giorno per gli esteti, i codificatori e i dottori del cinema sarebbe quello in cui, senza più dubbi, potesse prodursi la suprema agnizione, l’agnizione del vero autore; ma un’agnizione proprio di quelle che, nelle commedie classiche, finalmente mandavano a casa il pubblico contento e soddisfatto. Si ha quasi pudore di tirare in ballo la solita cattedrale gotica. Gli antichi ed anonimi suoi costruttori non si sognavano certo di dover finire a costruir pilastri critici od a gonfiar vesciche estetiche. Bisognerebbe decidersi ad usarli con discrezione. Ma tra le grandi prerogative del cinema c’è anche quella di sfidar la discrezione. E se una forma di attività può ancora legittimamente escutere la testimonianza dei medioevali maestri ed artieri, quella è proprio il cinema. Perché opera collettiva, come la cattedrale. Perché alimentato e sostenuto, quand’è cinema sul serio, da un afflato religioso. Qui molti si scandalizzeranno di questa religiosità regalata anche alle varie Follie di Broadway.

Ma l’America insegna. I suoi pionieri hanno fatto carriera cinematografica in tutto il mondo – anche nei paesi dove meno si potevano intendere ed apprezzare le loro vicende – proprio perché la religiosità che ne aveva animata l’opera e le imprese s’è trasfusa in una nuova religiosità di chi ha rievocato quelle imprese per lo schermo. Grazie a questo spirito, un lavoro localissimo, strettamente americano come Cimarron – per citare un caso solo, ma dei più sintomatici – ha potuto conquistare tutte le platee, comprese quelle d’Italia, dove pure la proverbiale arroganza di certi importatori s’era affrettata a mutilarlo in un approssimativo, e quanto peregrino, Pionieri del West.

Tra parentesi. Si è discusso, ancor di recente, sugli obblighi di fedeltà storica a cui il film storico sarebbe tenuto. E – le panzane aiutando pseudo-erudite dei cosiddetti “uffici ricerche”, specie americani – si è dimenticato che quegli obblighi non erano tanto di verità oggettiva, scientifica e documentata, quanto di attualità sentimentale. Tutto sta, insomma, a trovare la ragione per cui certi fatti, o figure sono vivi, religiosamente vivi, nelle masse alle quali il film si rivolge: e, prima ancora, in chi per quelle masse crea il film. La Cleopatra di Cecil B. DeMille non è riuscita a salvarsi; ma guardiamoci dall’imputarne l’insuccesso al fatto che uomini americani di origine e di coltura non fossero in grado di rivivere le storie del Vecchio Mondo. Responsabile è piuttosto l’incoerenza di chi, avendo cercato di centrare l’episodio sul fasto quasi truculento dell’ambiente, non ha poi saputo sentire che uno dei motivi per cui le odierne masse possono migrare verso le millenarie rive d’Egitto, in cerca della fatale regina, è appunto un sogno di fasti e di magnificenze favolose. Quel fasto e quella magnificenza sono rimasti



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