Cirkus Columbia by Ivica Đikić

Cirkus Columbia by Ivica Đikić

autore:Ivica Đikić [Đikić, Ivica]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ivica Đikić; Cirkus Columbia; Bottega Errante; Balcani; Jugoslavia; Bosnia Erzegovina; guerra; Danis Tanović; premio Oscar
editore: Bottega Errante
pubblicato: 2019-07-02T14:08:38+00:00


Zagabria, 17 gennaio 1993

Caro Leon,

per prima cosa voglio dirLe che ho trovato un alloggio. Ne avevo abbastanza di essere ospite dei cugini che durante questi quindici giorni mi hanno sempre guardato come una presenza sgradita piombata all’improvviso nella loro esistenza e soprattutto nel loro appartamento. So che Lei conosce Zagabria e che per Lei avrà un preciso significato se Le dico che l’alloggio è ricavato nella soffitta di una vecchia casa di via Demeter. Non è male: l’appartamento è piccolo e non sarà un gran lavoro tenerlo pulito; è un po’ freddo e umido, ma è inverno e dunque è normale che sia così. Anche il padrone di casa è una persona per bene: ha più o meno la Sua età, è stato partigiano e quando gli ho detto da dove vengo, si è leggermente spaventato. Ho l’impressione che si vergogni un po’ di aver fatto il partigiano. Quale che sia l’esercito di appartenenza, viene sempre un tempo in cui ci si vergogna di averci militato.

Ieri sera sono andato alla Stazione centrale a comprare la prima edizione del giornale: era una sera insolitamente calda per essere gennaio e così ho fatto una passeggiata per via Ilica, dalla traversa di via Mesnička fino a piazza della Repubblica e ancora più in là, attraverso il parco di Zrinjevac, appunto fino alla Stazione centrale. Era buio e ogni due persone che scorgevo una era in divisa – o dell’esercito o della polizia.

I poliziotti mi fanno più paura dei soldati: se mi fermano e mi chiedono i documenti, mi possono arrestare e riportare al paese, dove mi rimetteranno addosso la divisa e faranno in modo che ci lasci la pelle. È la ragione per cui cerco di evitare la polizia tenendomi a debita distanza: quando vedo che mi vengono incontro, passo immediatamente dall’altra parte della strada; non mi viene neanche in mente l’idea di camminare accanto agli edifici davanti ai quali ci sono i poliziotti di guardia, solo che in questa città sono pochi i palazzi non presidiati dalla polizia; e comunque dopo le dieci di sera non prendo proprio in considerazione l’ipotesi di farmi trovare per strada.

Sono arrivato fino alla Stazione centrale, ho comprato il giornale e un pacchetto di sigarette, quindi ho deciso di tornare in tram. Erano già le otto e mezzo e cominciava a cadere la pioggia. Sono salito sul tram, mi sono seduto aspettando che si mettesse in movimento. Poi ho visto un uomo che correva per raggiungere la porta del mezzo rimasta ancora aperta. Pur senza farci troppa attenzione ho notato che indossava un paio di stivali da cowboy, era quasi rasato in testa e portava un giaccone di pelle. Lo ha visto anche il conducente e non ha chiuso la porta. Il tizio è salito al volo e il manovratore è partito subito dopo. A causa del pavimento sdrucciolevole, della suola degli stivali e della partenza improvvisa, l’uomo che era appena entrato è scivolato andando a stramazzare rovinosamente sul pavimento del tram. E suscitando un autentico boato di risate.



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