Colleziona attimi di altissimo splendore by Paolo Borzacchiello & Paolo Stella

Colleziona attimi di altissimo splendore by Paolo Borzacchiello & Paolo Stella

autore:Paolo Borzacchiello & Paolo Stella [Borzacchiello, Paolo & Stella, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2023-06-07T12:00:00+00:00


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UNO SPLENDIDO EPITAFFIO

A chi è vivo e non lo sa.

A | Paolo Borzacchiello

Oggetto | Il mio epitaffio

Caro Paolo,

è tutto nel file ByeBye, lo trovi sul desktop del mio computer. Ho lasciato un intero documento nel caso io debba dire “Bye bye” a questa vita, pianificando il mio funerale.

Ora, Paolo, ammettiamolo pure: il funerale è un momento triste solo per chi rimane e, cosa assai più importante, è l’unico evento nella nostra intera esistenza in cui saremo i protagonisti assoluti.

Ho pensato che se è il mio giorno non voglio che nessun altro mi rubi la scena, lo spettacolo devo condurlo io, aspetto quel palco da tutta una vita.

Proprio per questo ho realizzato un video in cui saluto parenti e amici e mi congedo con classe da questa simpatica condizione terrena.

Penso spesso a quando verrà premuto play, a quando, nella chiesa o – mi auspico – nello stadio che verrà adibito a luogo per l’ultimo saluto, partirà la videoproiezione del mio faccione sorridente. Mi aspetto quantomeno un “Ohhhhhhh!” dal pubblico, ma minimo, eh, forse un applauso scrosciante! Standing ovation?!

Saluterò per prime le persone che hanno contribuito ai moltissimi attimi di altissimo splendore che hanno costellato la mia esistenza. Lo farò in modo ironico e informale, con qualche sagace battuta (tanto non se la possono prendere, so’ morto!) e occhiolini sparsi.

Mi capita di dover aggiornare di tanto in tanto il video, quando qualcuno, senza chiedermelo, decide di morire prima di me, cosa che mi infastidisce parecchio e mi fa perdere un sacco di tempo.

Farò anche un sintetico corso di sopravvivenza al funerale: tutte le cose da non dire e da non fare, tra cui le seguenti frasi da non pronunciare categoricamente alle persone vicine a me, il defunto:

«So cosa stai provando.» (Spoiler: no, non lo sai, ogni dolore è personale.)

«Ti capisco.» (Come sopra.)

«Ha avuto una vita felice.» (Ma che ne sai?)

«Se n’è andato col sorriso.» (No, baby, è il rigor mortis.)

«Muoiono solo i migliori.» (No, amo’, muoiono tutti.)

E tutte quelle frasi che servono a gestire egoisticamente il proprio dolore.

Vorrei poter insegnare l’empatia disinteressata e il grande, enorme abbraccio di un silenzio calibrato. Non c’è sempre bisogno di dire qualcosa. Piuttosto un abbraccio, vero, sentito, senza tante cerimonie.

Se qualcuno si butterà per terra urlando il proprio dolore, il servizio d’ordine è incaricato di scortarlo all’uscita. Questo è il mio party.

Si può ridere. A crepapelle, in modo scomposto. Anzi, mi farebbe piacere.

Non voglio nessuno vestito di nero. Il nero non è una scelta, ma un compromesso. Lo diceva sempre Franci e io mi sento di seguire il suo filone di pensiero. Ho visto più colori al suo funerale che alla celebre festa indiana (come si chiama?).

E per finire la lapide. Regole base:

di marmo, verde Alpi, senza spigoli, ma angoli smussati in una morbidezza a contrasto con la solidità della materia. Perché questo siamo: materia in evoluzione;

a terra, non in quelle cappelle snob da aristocrazia famigliare. Voglio stare nell’erba, come quando da vivo camminavo sul prato della casa a Cefalù davanti al mare;

e poi la foto:



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