Come i bambini diventano consumatori by Simona Ironico;

Come i bambini diventano consumatori by Simona Ironico;

autore:Simona Ironico; [Ironico, S.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Libri del Tempo
ISBN: 9788858115282
editore: edigita
pubblicato: 2010-11-14T23:00:00+00:00


5.5. Moda infantile e apprendimento dell’identità di genere

Uno dei primi significati del vestire che viene appreso dai bambini è quello relativo alla loro identità di genere. Cheryl Buckley (1996), in particolare, ha messo in luce come le differenze di genere possano venire trasmesse dalla categoria di indumento, dalle tonalità cromatiche, da motivi e fantasie, dalle decorazioni, dai soggetti e dagli stili. Prendendo in considerazione queste categorie, a cui possiamo aggiungere anche i temi, l’analisi delle collezioni delle aziende partecipanti alle due edizioni del Pitti Immagine Bimbo ha confermato come gli indumenti e gli accessori maschili e femminili tendano a essere solitamente differenziati, trasmettendo ai bambini dei chiari messaggi sulla loro identità di genere.

Partendo dalla tipologia di indumento, questa categoria può essere considerata piuttosto neutrale per la trasmissione di messaggi sull’identità di genere, fatta eccezione per gli abitini e per le gonne. Pantaloni, felpe, pullover, tute, camicie, giacche, t-shirt e tutte le altre tipologie di indumento, facendo parte sia del guardaroba femminile che di quello maschile, non sono infatti in grado di trasmettere ai bambini alcun contenuto su quanto sia più appropriato da indossare per un bambino o per una bambina. Messaggi più chiari provengono invece dagli accessori, in particolare dalle borse e dalle calzature. All’interno di queste categorie vi sono infatti articoli adatti a entrambi i sessi, come gli zaini, le cartelle, alcune borse a tracolla e le sneakers, mentre altri sono adatti soltanto a un pubblico femminile, come le pochettes, le ballerine o le scarpe con il cinturino.

Messaggi ancora più chiari provengono dalle tonalità cromatiche: in linea con quanto emerso anche dallo studio di Buckley, l’analisi dei cataloghi ha messo in luce come certi colori vengano utilizzati esclusivamente per le collezioni femminili, in particolare i toni del rosa e del viola e i riflessi dell’oro e dell’argento. I colori pastello (verde acqua, salmone etc.), pur essendo intuitivamente associabili al genere femminile, compaiono anche all’interno di alcune collezioni maschili, in particolare quelle del neonato e del baby. Il bianco, il nero, i colori primari e le tinte neutre come il beige, il grigio e il marrone sono presenti sia nelle collezioni maschili sia in quelle femminili, sebbene il nero sia più frequente nelle collezioni da bambina. Tutto questo conferma quanto affermato da studiose come Heather Hendershot (1996) e Anna Zinola (1997), ossia come possa accadere che indumenti e codici cromatici generalmente associati a un pubblico maschile (i pantaloni, i capi sportivi, i toni del blu e degli altri colori primari) possano comparire di frequente nell’abbigliamento femminile, ma non il contrario.

Per quanto riguarda i due colori tradizionalmente impiegati per indicare le differenze di genere, ossia il rosa e l’azzurro, è interessante notare come soprattutto per le bambine le loro tonalità tendano a farsi più accese con l’aumentare dell’età: il rosa, in particolare, viene generalmente impiegato nelle sue tonalità più delicate (rosa antico, rosa pastello) per il neonato e per il baby, mentre le sue tonalità più intense (rosa confetto, rosa shocking, fucsia) vengono impiegate soprattutto nel kid (4-7 anni) e nel junior (8-14 anni), in particolare da marchi come Killah, Barbie e Winx Club.



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