Con un occhio aperto by Julian Barnes

autore:Julian Barnes
Format: epub
ISBN: 9788858432532

Lo stress di Gide dipende dall’assurdità dell’impulso, dall’inadeguatezza dell’oggetto che l’aveva innescato e, successivamente, dall’insolita generosità della casa d’aste che abbassò l’offerta e la fattura arrotondando a 500 franchi – un gesto di solidarietà con chi era stato chiaramente colto da un accesso di follia momentanea. Ma, volendo, si potrebbe leggere la storia diversamente: l’opera di un grande artista penetra nell’animo anche quando non lo vogliamo; anche quando, mentalmente, facciamo resistenza; persino quando la sua «audacia» è diretta a qualcuno con un orientamento sessuale diverso. Ciononostante, il dipinto fa scattare la paletta in aria.

Come suggerisce la storia di Gide, Bonnard può essere un artista spiazzante. Ricordo di aver visto tre grandi retrospettive nell’arco di dieci anni e ogni volta la mia reazione iniziale era stata: che bravo questo curatore ad aver scelto quasi solo capolavori e pochissimi di quei quadri che uno scrittore potrebbe comprare per sbaglio a un’asta. È come se una fiera emanazione subliminale della nota modestia di Bonnard inibisse la risposta giusta: che bravo questo pittore ad aver dipinto cosí tanti capolavori e cosí poche croste. La seconda reazione – questa volta non inibita – consisteva nel rimanere costantemente sorpresi dalla solidità della determinazione e dal suo avanzamento: una volta emerso dagli ostacoli inconsistenti del nabismo e da un intimismo umbratile, divenne l’inequivocabile e irremovibile Bonnard. Dipingeva solo ciò che sapeva dipingere bene e difficilmente lasciava trapelare echi di altri artisti. Quel Grande nudo giallo ricordava vagamente Matisse? Forse un po’ a prima vista (per quanto altri citino Munch), ma non per molto.

«Essere Bonnard» non implica, peraltro, una ripetitività perpetua. Come notava Larkin, di questi tempi esiste un’enfasi totemica rispetto a quanto chiamiamo «evoluzione»; mentre la vera evoluzione di un artista può manifestarsi, piú che attraverso una discutibile successione di stili, attraverso una risoluta rivalutazione della verità visiva, un affanno per il modo in cui la bellezza emerge dalla forma o la forma si sviluppa dalla bellezza. Quando Bonnard, verso la fine della sua vita, confidò ad alcune persone che erano andate a fargli visita a Le Cannet: «Ora che sono vecchio comincio a capire che non so piú di quanto sapessi già quand’ero giovane», non parlava (o forse non solo) per modestia. Anche per saggezza.

La fuga di Bonnard da un intimismo oscuro e tenebroso verso una calda luminosità fu un vero portento: dapprima il risveglio dei gialli, degli arancioni, dei verdi, poi le varietà del rosa e del viola. Questa esplosione, o liberazione, appare in una prima fase semplicemente topografica: il parigino relegato nel suo appartamento scopre all’improvviso il Sud assolato. Ma la luce adesso infiamma gli interni oltre che gli spazi aperti. E qualcosa cambia anche rispetto al momento della giornata che viene rappresentato: prima abbondavano le scene crepuscolari, in termini di atmosfera e di luce, ma adesso sono quasi scomparse. Tutto – persino Marthe nella vasca da bagno – sembra dipinto qualche ora prima o qualche ora dopo mezzogiorno. Vi è poi un altro cambiamento: i soggetti. I primi lavori di Bonnard sono piuttosto

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