Correre al femminile by Alexandra Heminsley
autore:Alexandra Heminsley
La lingua: ita
Format: epub
Tags: runner, running, jogging, corridore, corridori, infortunio, infortuni, adrenalina, sballo da corridore, traguardo, lesioni, gambe, Dottoressa Julia Chase-Brand, Roberta «Bobbi» Gibb, Kathrine Switzer, Joan Benoit Samuelson, scarpe da corsa, Parkrun, Nike Running Club, GoodGym, Run Dem Crew, Running club digitali, mission, missione, stile di corsa, stili di corsa, calze a compressione, pettorale, pettorali, sudore, glucosio, medaglia, maglietta, numero di gara, vaselina, pronazione, pronatori, iperpronatori, fitta intercostale, distorsione alla caviglia, sindrome del piriforme, tendinopatia achillea, fascite plantare, sindrome della bandelletta ileotibiale, prolasso vaginale, esercizio cardiovascolare, cuore, ritmo cardiaco, calorie, reggiseni sportivi, legamenti, legamenti di Cooper, legamenti sospensori, reggiseno Shock Absorber, emozioni, sofferenza fisica, pensieri lucidi, Dottor George Sheehan, Dr. Seuss, Sir Roger Bannister, Bill Rodgers, Fred Lebow, Juha Väätäinen, Nina Kuscik
editore: Antonio Vallardi Editore s.u.r.l.
pubblicato: 2017-03-13T16:00:00+00:00
Correrò per tutta la vita?
«Nell’attimo in cui le mie gambe cominciano a muoversi,i miei pensieri iniziano a scorrere…»
Henry David Thoreau
In quei primi giorni dopo la seconda Maratona di Londra le mie ambizioni sembravano non avere limiti. Senza Julia da trascinarmi dietro, ero sicura che sarei arrivata al massimo delle mie capacità. Mi ero concessa due mesi di riposo prima di riprendere gli allenamenti per due mezze maratone che si svolgevano in ottobre, poi ce ne sarebbe stata un’altra in febbraio e, in aprile, la Maratona di Brighton. Quelle sarebbero state le mie corse migliori, i miei capolavori. Avrei scoperto la verità su di me in quei momenti, e poi mi sarei recata a Edimburgo per conquistare il Trono di Artù. Ero convinta che avrei avuto una rivelazione.
Una settimana dopo ero in vacanza a Roma, zoppicando per il Foro con i piedi ancora doloranti, e mi strafogavo di pasta a ogni occasione. Un mese dopo stavo ancora lavorando alle tabelle di marcia degli allenamenti con la molle determinazione di uno studente che prepara schemi colorati per il ripasso finale. Sei mesi più tardi, dopo qualche allenamento sporadico, mi chiesi che fine avesse fatto il mio attimo di rivelazione.
Era l’una di notte. Avevo motivo di pentirmi amaramente, e avevo le gambe irrimediabilmente infangate. Allungai un piede, sperando che questa volta atterrasse su una superficie solida. Niente da fare, un’altra pozzanghera. Più profonda della precedente, oltretutto. Sentivo il fango gelido attraversarmi il legging e bagnarmi la coscia, dietro, quando sollevai il tallone per compiere il passo successivo. Mi sistemai meglio la torcia frontale e cercai di individuare il segnale chilometrico. Voltai la testa e vidi due specie di fari: non erano occhi di gatto, ma gli occhioni di una mucca che mi fissava a qualche metro di distanza. Era fango o cacca di mucca quella che mi inzaccherava i legging? Continuai a correre.
Stavo attraversando un campo dei South Downs, sotto le occhiate di disapprovazione delle mucche assonnate. Il mese precedente me ne erano successe di tutti i colori: la malattia di mio cognato, la nascita di mio nipote e la figuraccia alla Mezza Maratona dei Parchi Reali. Però, almeno, avevo ripreso a correre. Questa volta si trattava della Mezza Maratona della Notte Bianca, che si svolgeva la notte in cui si tornava all’ora solare. Partiti a mezzanotte dal lungomare, mio fratello e io partecipavamo a una corsa che ci avrebbe portato fuori da Brighton e nei Downs prima di farci tornare giù a Hove. Ero esausta, e soprattutto avevo mangiato troppo.
«Passiamo il weekend insieme!» avevo proposto a mio fratello piena di entusiasmo sei mesi prima. «Preparerò le lasagne, e il giorno dopo faremo un bell’arrosto!»
Non ci avevo messo molto a persuaderlo, e dopo gli allenamenti – insufficienti, a mio avviso – ci ritrovammo a mangiare quelle lasagne, con gli indumenti da running già pronti per la corsa notturna. Non avevo mai corso di notte. A confondermi – anzi, a disturbarmi proprio – non era tanto il buio, quanto l’incertezza riguardo ai pasti. Fino
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