Cuore di cervo (Pandora) (Italian Edition) by Christopher J. Sansom

Cuore di cervo (Pandora) (Italian Edition) by Christopher J. Sansom

autore:Christopher J. Sansom [Sansom, Christopher J.]
La lingua: it
Format: mobi
ISBN: 9788873393986
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 2011-04-04T22:00:00+00:00


Ai piedi dell’altura la strada correva su terrapieni per superare un’area paludosa e fangosa, con uno stretto corso d’acqua scavalcato a metà da un ponte di pietra. Sulla sponda più lontana, dove il terreno tornava a salire, c’era un accampamento militare. Gli uomini sedevano davanti alle tende cucendo o intagliando legni; altri giocavano a carte o a dadi. Sul ponte, alcuni soldati controllavano il carico di un carro davanti a noi.

«Questo è l’unico collegamento fra Portsea e la terraferma», disse Hobbey. «Se i francesi prendessero il ponte, l’isola rimarrebbe tagliata fuori.»

«I nostri cannoni affonderanno la loro flotta prima che sbarchino», replicò fiduciosamente David. Assorbito dalla contemplazione, pareva essersi scordato di Lamkin e della violenza con cui sua madre si era avventata su di lui; sul suo volto, tuttavia, rimaneva qualcosa di tormentato.

Un soldato si avvicinò, chiedendoci che cosa ci portasse lì. «Questioni legali, a Portsmouth», rispose secco Hobbey. Il militare osservò la mia toga e quella di Dyrick e ci fece cenno di proseguire. I ferri dei nostri cavalli risuonarono sul ponte.

Attraversammo l’isola per un viottolo polveroso tra due filari di alberi. Hugh si rivolse a Hobbey con un rispetto inconsueto: «Signore, possiamo andare a guardare più da vicino le navi in rada?»

«Sì, padre, per favore», aggiunse ansiosamente David.

Hobbey lo guardò con indulgenza. «Benissimo.»

Svoltammo in un sentiero laterale, dirigendoci verso il mare. Fiancheggiammo un grande cantiere, dove erano al lavoro decine di uomini. C’erano parecchie gru di legno e numerose costruzioni basse, compresa una lunga e stretta che riconobbi come una corderia, dove le cime venivano intrecciate per formarne di più spesse, della lunghezza, se occorreva, di decine di piedi. Tutt’intorno erano impilate cataste di grossi tronchi e i carpentieri si affaccendavano a segare il legname in forme e misure differenti. In un fosso fangoso scavato nella riva c’era un piccolo battello, sostenuto da robusti pali, e gli uomini si davano da fare per ripararlo. Il martellare era incessante.

Un po’ a sud del bacino ci scostammo dal sentiero e fermammo i cavalli in riva al mare, sulla sponda lasciata in secca dalla bassa marea. Spirava una brezza piacevole. C’era odore di salmastro e di marcio, la fanghiglia era cosparsa di alghe verdi. Di lì si godeva chiaramente la vista delle navi sullo specchio di mare. Otto galeazze, lunghe sessanta piedi e ognuna dotata di un rostro di ferro a prua e di parecchi cannoni che spuntavano dagli sportelli delle cannoniere nelle fiancate, solcavano le tranquille acque verdeazzurro, svelte e agili a dispetto della forma tozza, sfruttando sia la velatura sia le lunghe file di remi. Udivo il battito regolare dei tamburi che davano la cadenza di voga ai rematori. La velocità era impressionante. Sobbalzammo quando una sparò con i suoi cannoni: nubi di fumo nero eruppero dalle bocche da fuoco, seguite da fragorosi, risonanti boati, quindi virò di bordo, con una rapidità sbalorditiva.

Dyrick pareva ansioso e David ridacchiò, beffardo. «Non preoccupatevi, signore, stanno solo facendo esercizio. Non ci sono palle nei cannoni, non c’è da spaventarsi.» Dyrick gli lanciò un’occhiata da incenerire.



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