Diario musicale by Hildegard De Stefano

Diario musicale by Hildegard De Stefano

autore:Hildegard De Stefano [Stefano, Hildegard De]
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2021-03-29T04:00:00+00:00


30. Yoga

C’è questo passaggio, la solita progressione di bicordi, che proprio non mi viene. Intonazione e tutto. Per settimane lo provo ogni mattina, ma niente. Pressione dell’arco, dita intonate nell’ottava, polsi e braccio flessibile, la spalla che regala il giusto peso. Troppe cose tutte insieme. Quando ti fermi a pensare, e lo sanno bene i bambini prodigio, è finita. Le lunghe ore di studio, come per gli atleti, devono creare automatismi, unire il gesto e l’intenzione in un potere che non è più conscio. Così il musicista diventa un canale, limpido e pulito, per il flusso musicale. La sfida più grande. Da sempre la mamma mi invita a provare lo yoga, che pratica da anni.

“Ti farebbe benissimo, sai, anche per lo strumento!”

Durante la quarantena c’è l’occasione. Lezioni online, ogni sera alle diciotto. La maestra è una ragazza molto giovane, lunghi capelli neri e voce squillante. Dobbiamo ascoltarla e imitarne i movimenti. Dopo qualche lezione mi accorgo di dormire meglio la notte, al mattino mi sveglio riposata e durante la giornata mi stanco più difficilmente. Sento il corpo più rilassato. In genere non lo è mai del tutto, perché lo studio del violino è uno studio asimmetrico e pur avendo come obiettivo il massimo della fluidità e della naturalezza ti costringe a posizioni faticose. Una mattina riprovo la progressione e viene! Viene! Qualcosa di piccolo e di ostinato nel sistema nervoso, in quello muscolare, qualcosa che rendeva impossibile il risultato, è scomparso. Sono felice. Yehudi Menuhin, forse il più celebre bambino prodigio tra i grandi violinisti, incominciò ad accusare problemi fisici e la perdita dell’eccellenza artistica già dai suoi vent’anni. Si lamentava del fatto di “dover pensare” a ciò che suonava. Trovò aiuto e conforto nella meditazione e nello yoga che praticò poi per decenni. Cercava forse di recuperare quell’unione immediata, senza filtri e senza coscienza, tra l’esecutore e la Musica?

Così Claudio Arrau dopo aver ascoltato un concerto di Yehudi Menuhin a Berlino, nel 1929. Menuhin ha tredici anni.

“Non suonava. La musica fluiva da lui come se il dio non facesse che usare quale tramite il ragazzo. Meglio. Come se lui stesso fosse la fonte di tutto.”



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