Economia vegetale by Luigino Bruni

Economia vegetale by Luigino Bruni

autore:Luigino Bruni
La lingua: ita
Format: mobi, epub, azw3
editore: Aboca
pubblicato: 2024-05-15T00:00:00+00:00


6.

In un articolo, Amartya Sen, probabilmente l’economista politico più influente oggi in tema di politiche ambientali e di diritti umani, ha sottolineato che per quanto riguarda i global commons, il problema decisivo è posto “dal fatto che i Paesi industrializzati utilizzano una quota sproporzionatamente maggiore di ciò che definiscono i global commons, ovvero il patrimonio di aria, acqua e altre risorse naturali di cui noi tutti, collettivamente, possiamo fruire” (Sen 2010, 565). Ciò non significa dire che i capi di governo (e soprattutto gli elettori di questi capi) non debbano far di tutto per arrivare a un patto sociale mondiale con sanzioni, ma questa non sembra la soluzione più semplice, né l’unica. Ma c’è di più, gli utilizzatori dei beni comuni globali, come l’acqua, sono oggi miliardi di persone indipendenti le une dalle altre (non capi di governo), dove ciascuno massimizza i propri obiettivi: coordinare e limitare tutta questa gente è impresa ardua, se non impossibile. Da questa prospettiva, risulta importante la dimensione etica individuale ed educativa, sebbene neanche questa possa, da sola, presentarsi come la soluzione.

Eppure qualcosa va fatto, poiché è troppo urgente un nuovo patto sociale mondiale tra cittadini uguali e liberi (e non solo quelli del G20, ma potenzialmente tutti) che si autolimitino nell’uso delle risorse comuni – come cercano di fare gli umili raccoglitori di funghi porcini.

Sarebbe un patto diverso da quello hobbesiano (tendenzialmente illiberale) o quello fatto dai ‘capi’ (di governo, di famiglia, di clan): il nuovo patto sociale mondiale dovrebbe essere un patto della fraternità dopo l’uguaglianza e la libertà. Queste ultime due sono state la grande conquista della modernità, hanno creato la democrazia e i diritti, ma si stanno, da sole, rivelando incapaci di gestire i beni comuni dai quali dipenderà molto, forse quasi tutto, del presente e del futuro. Liberté ed égalité dicono individuo; fraternità dice invece legame tra le persone, storia e quindi terra, e senza legami, storia e terra non si esce dalla tragedia dei commons.

Tutto ciò ha implicazioni molto concrete. È necessario che la società civile esprima nella gestione dei commons imprese, locali e globali, che non abbiano come scopo o movente il profitto. L’impresa che massimizza unicamente il profitto non dovrebbe, in un’economia civile, gestire i beni comuni, perché produce la tragedia dei commons, perché non sa fermarsi prima del limite (anche se regolamentata: è noto il fallimento dei controllori in tali ambiti, soggetti facilmente a ‘cattura’). Queste imprese dovrebbero essere imprese civili, ancorate cioè a una visione di comunione (commons) e di fraternità (legame), cioè essere efficienti, ma non avere come unico obiettivo il profitto e adottare una logica del ‘noi’. E poi, se il profitto si crea, i diritti di proprietà dovrebbero essere posseduti da milioni di persone, in modo che la ricchezza che nasce dai beni comuni resti bene comune.

Ma per far ciò è necessario veramente un nuovo patto sociale, a più livelli, che includa mercato, famiglie, politica, un patto sociale che renda possibile e concreto questo cambiamento di paradigma per far fronte all’inedita era dei beni comuni.



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