Emilio o dell'Educazione (Edizioni Studium) by Jean-Jacques Rousseau

Emilio o dell'Educazione (Edizioni Studium) by Jean-Jacques Rousseau

autore:Jean-Jacques Rousseau [Jean-Jacques Rousseau]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978–88–382–4520–6
editore: Edizioni Studium S.r.l.
pubblicato: 2016-08-14T22:00:00+00:00


Tucidide è, a mio avviso, il vero modello degli storici. Riferisce i fatti senza giudicarli, ma non omette nes­suna circostanza utile che permetta a noi di giudicarli. Mette sotto gli occhi del lettore tutto ciò che racconta. Invece di interporsi tra i lettori e gli avvenimenti, si tiene in disparte e non si ha quasi più l’impressione di leggere, ma di vedere. Purtroppo, parla sempre di guerra e i suoi rac­conti sono basati quasi esclusivamente sulla cosa meno istruttiva del mondo, ossia le battaglie. La Ritirata dei Diecimila e i Commentari di Cesare presentano più o meno la stessa saggez­za e i medesimi difetti. Il buon Erodoto, senza ritratti, senza massime, ma scorrevole, semplice, ricco di particolari interessanti e suggestivi, sarebbe forse il migliore degli storici se questi stessi particolari non degenerassero spesso in semplicità puerili, più adatte a guastare il gusto della gioventù che a formarlo; per leggerlo, è necessario possedere un discernimento già formato. Non dico nulla di Tito Livio: verrà anche il suo turno, ma è politico, retore e tutto ciò che non è adatto a questa età.

In generale il difetto della storia consiste nel registrare solo i fatti più evidenti e appariscenti, che possono essere fissati con nomi, luoghi e date; ma le cause lente e progressive di questi fatti, che non possono essere determinate allo stesso modo, restano sempre sconosciute. Spesso, si attribuisce a una batta­glia vinta o perduta la causa di una rivoluzione che, anche prima di quella battaglia, era già diventata inevitabile. La guerra non fa altro che rendere manifesti avveni­menti già determinati da cause morali che gli storici raramente riescono a evidenziare[13].

Lo spirito filosofico ha interpretato in questa direzione le rifles­sioni di numerosi scrittori del nostro secolo, ma dubito che il loro lavoro generi vantaggi per la verità. Affascinati dal furore dei sistemi, nessuno cerca di vedere le cose come sono, ma solo come meglio si accordano con il proprio sistema.

A tutte queste riflessioni, aggiungete anche che la storia mostra molto di più le azioni che gli uomini, perché descrive quest’ultimi solo in momenti particolari e negli abiti da cerimonia; ci presenta solo l’uomo pubblico, che è preparato per essere visto. Non lo segue in casa, nel suo studio, in famiglia, tra gli amici; lo descrive solo quando recita e, di conseguenza, ci mostra più l’abito che la persona.

Preferirei la lettura delle biografie per cominciare lo studio del cuore umano. In questo caso, anche se l’uomo cerca di sottrarsi, lo storico lo segue ovunque, senza lasciargli un momento di tregua, un angolo per evitare l’occhio penetrante dello spettatore; ed è proprio quando uno crede di essersi nascosto meglio che l’altro riesce a mostrarlo meglio. «Coloro che scrivono le biografie», dice Montaigne[14], «interessandosi più ai consigli che agli avvenimenti, più a ciò che parte dall’interiorità che a ciò che viene di fuori, sono adatti a me: ecco perché il mio autore è Plutarco».[15][16]

È vero che l’indole degli uomini riuniti o dei popoli è molto diversa dal carattere dell’uomo come individuo, e che si



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