Enea, lo straniero by Giulio Guidorizzi

Enea, lo straniero by Giulio Guidorizzi

autore:Giulio Guidorizzi
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2018-09-12T16:35:00+00:00


Manes

Il prato di asfodeli

Lungo la riva del lago una figura diafana scivolava sopra le foglie scure, senza smuoverle, sfiorandole appena come se non avesse peso; dall’intrico di rami filtrava e scompariva a tratti il disco della luna, spargendo un lucore maligno.

Il ramo d’oro che la Sibilla stringeva nella destra illuminava come una torcia i cespugli protesi sulle acque davanti a lei. Il lago Averno, Lacus Avernus, era una delle porte dell’oltretomba: le sue acque ferme sono inquietanti anche di giorno, nella loro immobilità.

Enea seguí i passi della Sibilla in silenzio. Prima di entrare nel bosco avevano sgozzato un ariete nero, facendo colare il suo sangue nella fossa umida di terra: l’offerta rituale agli dèi inferi. Giunsero nell’angolo piú buio, dove si allargava un enorme platano le cui foglie rimanevano nere anche quando erano colpite dai raggi lunari. La Sibilla si fermò, trasse dalla veste una piccola coppa di rame e la porse a Enea: – Prima di scendere devi bere quest’acqua, che sgorga dalla sorgente vicino alla mia caverna. È l’acqua della memoria, perché tu non dimentichi –. Versò l’acqua nella coppa da una fialetta e, mentre Enea beveva, iniziò a pronunciare parole ignote, una cantilena in una lingua che lei sola conosceva. Era il suo carmen magico: invocò i Mani dei morti, invocò Ecate, la dea degli abissi che esce dalla terra nella notte agitando fiaccole, accompagnata da un corteo di cagne. Da lontano infatti si udí un ululato. Enea sentí i capelli rizzarglisi sul capo per l’orrore, mentre i latrati squarciavano il buio e sembravano farsi piú vicini; tra i rami del bosco guizzò una lingua di fuoco. Poi tutto tacque di nuovo.

La Sibilla immerse il ramo d’oro nelle acque nere e cominciò a tracciare dei cerchi sempre piú ampi, da cui uscí un filo di vapore che a poco a poco si allargò, diventando una nuvola di nebbia. Poi disse: – Questa è l’entrata, e se tu davvero hai cuore di attraversare per due volte la soglia dei morti e vedere due volte il fiume infernale, seguimi.

In due passi scomparve nella nebbia, lasciando un esile spiraglio dietro di sé. Enea esitò un istante e poi la seguí. La nebbia si richiuse dietro di lui; subito si sentí circondato da un vapore grigio, freddo, angosciante, l’alito della terra dei morti. Poco dopo ritrovò la sua guida, che lo attendeva impugnando il ramo e gli gettò solo per un attimo la luce oscura dei suoi occhi semiciechi.

Tutto attorno era nebbia, ma i loro piedi poggiavano su una superficie solida. Enea temeva che da un momento all’altro la Sibilla scomparisse e lo lasciasse solo, avvolto da un nulla senza suoni né forme, ma la vecchia camminava con passo sicuro e sembrava che il suo corpo curvo si fosse raddrizzato. Il ramo d’oro era l’unica luce in quel mondo di caligine.

Enea seguiva il brillio del ramo, pensando che la morte dovesse essere qualcosa di simile: un sentiero solitario senza colori né suoni, e senza un luogo dove andare veramente. D’improvviso la



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