Ernesto Colnago. Il maestro e la bicicletta. Conversazione con Marco Pastonesi by Marco Pastonesi

Ernesto Colnago. Il maestro e la bicicletta. Conversazione con Marco Pastonesi by Marco Pastonesi

autore:Marco Pastonesi [Pastonesi, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Sports, Sports & Recreation, Cycling, Transportation, General
ISBN: 9788832971507
Google: y88MzgEACAAJ
editore: 66thand2nd
pubblicato: 2020-05-15T08:19:40+00:00


5. Le scienze

«Nella vita non c’è nulla da temere, solo da capire».

Margherita Hack

La prima bicicletta, così prima che non era ancora una bicicletta, la draisina, era fatta di legno: due ruote, l’anteriore sterzante, senza pedali e senza freni. Era il 1816. Poco più di due secoli fa. Fin dall’antichità il legno serviva per costruire navi e case, realizzare sarcofagi e – con la resina – mummie, fabbricare carbone vegetale, edificare fortificazioni, produrre carri e strumenti. La draisina è, nel suo piccolo, un carretto personale: trasporta sé stessi. Ed è anche uno strumento personale: produce suoni, musica, dà andatura, ritmo, regala note, accordi, anche pause. Il legno è resistente, duro eppure elastico, scultoreo e affettuoso, tant’è vero che di legno era fatto il nostro primo alloggio, la culla, e ne è sempre fatto l’ultimo, la bara. Biciclette in legno non si trovano soltanto nei musei: ancora oggi si fabbricano biciclette in bambù.

Dopo il legno ci fu anche per le biciclette l’età del ferro. Brillante, duttile, comune, il ferro ci è familiare perché è fra gli elementi più diffusi sulla Terra e nell’universo. C’è ferro nelle stelle, c’è ferro nei meteoriti, dunque il ferro ha in sé il destino del volo e della velocità, dello spazio e del tempo, del viaggio e della fusione. Perfino uomini e donne sono fatti di ferro: per valorizzare Bartali, lo si chiamava «l’Uomo di ferro». L’acciaio ne è la forma più resistente. Le biciclette del Novecento sono fatte così: di ferro o, meglio, di acciaio, come le armi, come i gioielli, come le posate, come le auto. Se il legno è naturale, l’acciaio è umano. Quando lo tagli, con un seghetto a mano, piange. Il fenomeno delle bici d’epoca e delle ciclostoriche – pensate al successo delle ciclostoriche, dall’Eroica alla Francescana, dalla Mitica alla Moserissima – nasce dall’amore, dalla gratitudine, dal rispetto per il ferro, perché il ferro rappresenta la nostra origine di animali terrestri, significa il nostro passato di cacciatori e navigatori, ed è il fusto dell’albero genealogico del ciclismo.

Le mie prime bici erano di acciaio. Negli anni Sessanta progettavo con Luigi Colombo. Angelo Luigi Colombo. Era di Caravaggio, fra Milano e Bergamo. Nel 1919, a Milano, prima in via Stradella e poi in via Folli a Lambrate, aveva fondato un’azienda specializzata nel costruire tubi di ferro e di acciaio trafilati a freddo e destinati a biciclette, a mobili in acciaio cromato e all’industria aeronautica. Il suo ferro era al servizio dello sport: da Bartali a Coppi, da Baldini ad Anquetil, ma anche dalle Ferrari alle Maserati, cioè da Fangio ad Ascari. Luigi era il papà di Antonio, che nel 1977 trasformò la A.L.Colombo in Columbus, di cui Cino Cinelli era il distributore generale, anzi, mondiale. E così il suo ferro si mise al servizio di altre generazioni, da Gimondi a Merckx, da De Vlaeminck a Moser, da Pantani ad Argentin. Nello stabilimento di via Folli andavo in motorino, poi con una Giardinetta usata, caricavo e portavo tutto da me, e lì cominciavo a lavorare.



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