Ghiaccio-nove by Kurt Vonnegut

Ghiaccio-nove by Kurt Vonnegut

autore:Kurt Vonnegut [Vonnegut, Kurt]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858830413
Google: B9UuDwAAQBAJ
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2013-10-31T23:00:00+00:00


“Peccato. Papà scarseggia di aspirina. E come sta a droghe del miracolo? A mio padre piace tirar fuori un miracolo, ogni tanto.”

“Non sono un venditore di droghe. Sono uno scrittore.”

“E cosa le fa pensare che uno scrittore non sia un venditore di droghe?”

“Lo ammetto. Sono colpevole secondo l’accusa.”

“Mio padre ha bisogno di qualche libro da leggere a gente che sta morendo o soffrendo atrocemente. Non credo che lei abbia scritto niente di simile.”

“Non ancora.”

“Credo che renderebbe quattrini. Ecco un altro suggerimento prezioso, per lei.”

“Immagino che potrei rimaneggiare il Salmo ventesimoterzo, potrei cambiarlo un po’, in modo che nessuno si rendesse conto che non è una mia creazione originale.”

“Bokonon tentò di rimaneggiarlo” mi disse. “E si accorse che non poteva cambiarne neppure una parola.”

“Conosce anche lui?”

“Ho questa felicità. Fu il mio educatore, quando ero un bambino.” E additò il mosaico con aria sentimentale. “È stato anche l’educatore di Mona.”

“Era un buon insegnante?”

“Mona e io sappiamo leggere, scrivere e fare semplici somme,” disse Castle “se è questo che intende dire.”

LA FELICITÀ DI ESSERE AMERICANO

H. Lowe Crosby si avvicinò per fare un altro tentativo con Castle, il pidocchio.

“Come si definisce?” sogghignò Crosby. “Un beatnik o che cosa?”

“Io mi definisco un bokononista.”

“In questo paese è contro la legge, no?”

“Si dà il caso che io abbia la felicità di essere americano. Ho sempre potuto dire di essere bokononista ogni dannata volta che ho voluto, e fino a ora nessuno mi ha mai dato fastidio.”

“Io credo nell’obbedienza alle leggi del paese in cui mi trovo.”

“Non mi sta dicendo niente di nuovo.”

Crosby era livido.

“Ti venga un accidente, Jack!”

“Un accidente a te, Jasper” disse blando Castle. “E un accidente anche alla Giornata della Mamma e al Natale.”

Crosby attraversò l’atrio a passo di marcia, si diresse verso il bureau e disse:

“Voglio presentare rapporto contro quell’uomo là, quel pidocchio, quel cosiddetto artista. Qui avete un piccolo, simpatico paese che cerca di attirare il turismo e nuovi investimenti industriali. Dopo che quell’uomo mi ha parlato in quel modo, non voglio mai più rivedere San Lorenzo… e quando un mio amico mi chiederà di San Lorenzo, gli dirò di tenersi alla larga. Può darsi che ci guadagnate un bel ritratto su quella parete ma, per Dio, quel pidocchio che lo sta facendo è il figlio di vacca più offensivo e deprimente che io abbia mai incontrato in vita mia”.

L’impiegato sembrava sul punto di star male. “Signore…”

“Sto ascoltando” disse Crosby, pieno di fuoco.

“Signore… è il proprietario dell’albergo.”

L’HILTON DEL PIDOCCHIO

H. Lowe Crosby e sua moglie se ne andarono da Casa Mona. Crosby la definì

“L’Hilton del pidocchio” e chiese di essere ospitato nell’ambasciata americana.

Così io fui l’unico ospite d’un albergo di cento stanze.

La mia stanza era piacevole. Si affacciava, come tutte le altre, sul viale dei Cento Martiri della Democrazia, sull’aeroporto Monzano e sul porto di Bolivar. Casa Mona era costruita come uno scaffale, con i fianchi e il tergo compatti e con una facciata di vetro verdazzurro. Era impossibile vedere lo squallore e la miseria della città che si stendeva ai fianchi e alle spalle di Casa Mona.



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