Giustizia e Bellezza (2016) by Luigi Zoja

Giustizia e Bellezza (2016) by Luigi Zoja

autore:Luigi Zoja [Zoja, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


5. La bellezza si è rattrappita lungo la storia?

Neumann42 ricorda che la vittoria di Davide si decide proprio quando sembra stia per trionfare Golia. Anche la mattina rinasce a mezzanotte. Ma l’umanità del terzo millennio non potrebbe essere discesa in una civiltà appagata dal neon, per sempre senza sole? Così come la natura sta scomparendo, potrebbe anche la bellezza scomparire dalla terra?

Mi sento spesso consolare da amici di altri paesi, secondo i quali l’estetica è talmente intessuta nella storia d’Italia da non poter essere mai persa. Come prova, mi ricordano che l’Italia continua a essere leader nella moda.

È davvero un esempio rassicurante? Riflettiamo.

Anche in Italia, ovviamente, l’estetica ha dovuto lottare per sopravvivere alle semplificazioni utilitariste dell’economia industriale. Il fascismo vi aveva aggiunto altre semplificazioni, come quelle delle linee visive, in omaggio alla virilità. Tuttavia, fra le due guerre la mano elegante di un artigianato secolare era ancora visibile, perfino nei più imponenti prodotti dell’industria. Sulle grandi navi di linea il disegno delle strutture esterne e interne, i quadri e l’arredamento, i colori e la cucina conservavano, in forma galleggiante, non poco dell’insuperabile palazzo italiano, che aveva regalato bellezza ai suoi abitanti ma anche ai passanti.

Dopo la seconda guerra mondiale, tutte le grandi costruzioni dell’industria hanno dovuto cedere al funzionalismo. Tuttavia, oggetti di media dimensione come le automobili – che possono trasformarsi nella nostra residenza per una parte del giorno – evocavano ancora una purezza di linea rinascimentale: l’auto italiana era riconosciuta come la più bella del mondo e un esemplare fu esposto al MOMA di New York.

Poi, nel giro di non molto, come quelle di tutti i paesi anche le automobili italiane si arresero alla produzione standardizzata. Le varie marche finirono con il produrre modelli di diverse dimensioni, che si distinguono tra loro perché sono destinati a diversi settori di mercato; ma, nello stesso settore, è sempre più difficile distinguere l’auto di una marca da quella di un’altra. Quel poco che era rimasto della personalità dell’auto si fece intimo: la pubblicità, infatti, prese a mostrare sempre più l’interno dei veicoli.

Gradualmente, la tenaglia dei costi e dei profitti serrò del tutto i suoi denti di ferro. E alla bellezza restò solo lo spazio per gli ultimi respiri. Funzionalità ed economia l’avevano strappata per sempre dai luoghi aperti, l’imbuto si stringeva e la confinava verso angoli sempre più privati. Per qualche tempo il design italiano continuò a regnare sulla scrivania, in cucina, in salotto: l’elettrodomestico, il posacenere o la macchina per scrivere erano pensati per la mano, ma anche per gli occhi; la lampada era costruita per vedere, quando era accesa, ma insieme per essere vista, quando era spenta. Poi la bellezza – che unisce tutti nel godimento, chi accende la lampada per guardare ma anche chi guarda la lampada – si spense davvero. Compì l’ultimo balzo, acquattandosi in braccio al completo individualismo.

Se una necessità è archetipica – e crediamo che il bisogno di bellezza lo sia – dimenticarla non vorrà dire farla sparire, ma obbligarla a esprimersi in forme sempre più inconsce, nevrotiche, perverse.



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