Gli introvabili. Alla ricerca di libri perduti by Giorgio Gizzi

Gli introvabili. Alla ricerca di libri perduti by Giorgio Gizzi

autore:Giorgio Gizzi [Gizzi, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Manni
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


MORAVIA O DI UNA CERTA IDEA DEL VIAGGIARE

Viaggi. Articoli 1930-1990

Alberto Moravia

Bompiani, Milano 1994

A cura e con introduzione di Enzo Siciliano

Postfazione di Tonino Tornitore

Un pensatore francese d’inizio diciannovesimo secolo come Jean-Jacques Ampère sosteneva che esiste un’attrazione enigmatica capace di legarci ad una città, proprio come accade con alcune persone che incontriamo nel corso della vita.

Malgrado io ne sia fuggito spesso, l’abbia irrisa e contestata, è innegabile che il sottoscritto a Roma abbia sovente voluto far ritorno, sempre più consapevole con il passare degli anni di quell’attrazione e di come la subissi, circostanza questa che avevo voluto ignorare a lungo.

Succede che della città in cui si vive non si voglia leggere: uno snobismo forse dovuto alla presunzione che nessuno conosce la tua città meglio di te. A me è capitato di voler leggere di Roma soprattutto quando ne sono stato lontano e privato (durante il lockdown), quando mi sarebbe stato impossibile soddisfare la voglia di confrontare le mie impressioni con quelle appena lette (e che voglia ne avrei avuto!).

Pur senza mai esplicitarla chiaramente, quasi egli stesso non ne avesse coscienza, credo che quell’attrazione l’abbia subita anche Alberto Moravia, lo scrittore romano per eccellenza del Novecento, anche se molti non sono disposti a riconoscergli nella nostra letteratura il posto che merita.

La Roma che Moravia vedeva era una città piena di monumenti e vestigia del passato più che di abitazioni, in cui inseguiva uomini ambigui che dipingeva con disprezzo aperto, senza carezze.

Roma gli è stata rampa di lancio e quartier generale per programmazioni e ritorni. Mai territorio in cui rinchiudersi e baloccarsi.

Se per il suo amico Pier Paolo Pasolini Roma sarebbe stata, attraverso una vita adulta snodatasi in tre abitazioni dal tono e taglio completamente diverso (da quella popolare in cerca di decoro di Donna Olimpia a quella borghesissima dell’Eur, passando per la quiete di cicala di Monteverde) il luogo di un esperimento del mondo del quale fece da cavia con il suo stesso corpo, per Alberto Moravia, nato Pincherle, Roma fu soprattutto il luogo dei ritorni continui, a partire da quello dall’austero sanatorio Codivilla di Cortina dove trascorse due anni per guarire dalla tubercolosi che a soli nove lo aveva attaccato; dalla Capri divisa a lungo con Elsa Morante; dai tanti viaggi che fece per un mondo più inaccessibile dell’odierno.

Oggi la sua casa, quella in cui venne ritrovato morto nel bagno per un ictus cerebrale in una mattina di fine settembre del 1990, affacciata sul Lungotevere della Vittoria, davanti all’odiato circolo degli ufficiali della Marina militare e spalle ai bar dei soubrettini e delle attricette che cercano un posto al sole davanti alle telecamere della RaiTv, fa parte del sistema museale di Roma Capitale. È caratterizzata all’esterno dai balconi tipici delle architetture di Adalberto Libera, così simili alla tolda di una nave pronta a salpare i cui migliori esempi è possibile vedere ad Ostia.

Dentro, fra le librerie ben organizzate, le maschere africane e balinesi, il divano bianco, i quadri della sorella Adriana all’ingresso, quello splendido di Mario Schifano, la sua collezione di bastoni,



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