Goliarda by Angelo Pellegrino

Goliarda by Angelo Pellegrino

autore:Angelo Pellegrino [Pellegrino, Angelo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Einaudi
pubblicato: 2022-09-13T12:00:00+00:00


Capitolo tredicesimo

Questa giovane fotografa che riesce a commuovermi quando parla – poco, per la verità –, quando mi ricorda qualche episodio di te, Iuzza, soprattutto quelli dove sono presente anch’io, tirati fuori con disinvoltura mnemonica dalle pagine dei tuoi taccuini che già comincio a dimenticare, questa donna che fa diventare recenti – e di nuovo vivi – pezzi di passato come accaduti ieri, che pensavo sepolti soltanto dentro di me, questa ragazza, piú che donna è una ragazza, che mi piace e non so perché, ma sicuramente per i soliti motivi che rimangono in fondo inspiegabili come ogni volta che ti senti attratto da qualcuno: potresti snocciolarne cento, tutti reali, non riusciresti mai ad acchiappare quello che li racchiude tutti. Iuzza, questa ragazza già la amo ma come quando avevo dodici anni, in quel modo impalpabile e sospeso che non si può spiegare, un modo impossibile, a volte un po’ doloroso. Che tuffo all’indietro nell’acqua fonda di tanti decenni fa, un passato che non è mai passato, solo la morte – forse – lo estinguerà. Mi domando se anche a te piacerebbe, tu eterna innamorata di donne. È giovane, dimostra meno dei suoi anni effettivi, girlish diresti tu, ha qualcosa di soave forse perché spesso ha un’aria trasognata, però è presente con grazia e ogni tanto assente come per fare calare quel po’ di tensione che può essersi creata fra noi. M’accorgo che tutto questo non mi risulta inquietante, come potrebbe apparire a qualcuno. In fondo questa ragazza non ha nulla d’inquieto, e mi basta.

Stiamo girando per i vicoli senza meta, non so piú dove portarla. Ho come un vuoto di progetto, non ho idea di cosa la può interessare, non ricordo piú episodi connessi a luoghi da rivelarle. Mi sembra di colpo di non aver mai fatto nulla in questo paese, non di non esserci mai stato, questo no, sarebbe impossibile, ma di averci trascorso infiniti giorni di puro vuoto. Forse è vero. Che cos’erano quelle lunghe giornate, certo assai piú lunghe di adesso, passate sulla sdraio in terrazza a contemplare il bianco della calce che al tramonto si faceva viola. Tutto si taceva all’improvviso, l’aria s’incendiava per qualche minuto, poi calava il buio caldo nel ventre della notte d’estate. O quando nei giorni di gran calura, disteso nudo sul pavimento dello stanzone di sotto con qualche speranza di refrigerio, passavo lunghe ore ad ammirare l’eleganza delle volte imbiancate del soffitto e immaginare tutte le brocche di terracotta impilate una sull’altra su cui quelle volte poggino per antica tecnica, comune in tutte le case dei pescatori di questo paese, mentre dalla terrazza sentivo ogni tanto la tua voce che cantava.

Quante giornate sono state di pura astrazione, lontano com’ero dal luogo dell’ansia, dalla Storia. In questo paese, per scrivere i nostri libri, cercavamo di dimenticarla: naturalmente arrivava anche qui, ma meno dura, veniva smorzata dalle acque sempre placide del golfo che bagnavano quasi senza ondosità i frangiflutti del lungomare. La Storia però c’era, come quel pomeriggio la notizia della morte di Pasolini.



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