Heaven by Mieko Kawakami

Heaven by Mieko Kawakami

autore:Mieko Kawakami [Kawakami, Mieko]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Edizioni e/o
pubblicato: 2021-07-22T22:00:00+00:00


La porta si richiuse con un leggero scatto e, dopo essermi assicurato che Ninomiya, Momose e compagni fossero andati via, mi allungai di nuovo sulla schiena e mi misi a fissare distrattamente il soffitto.

Non riuscivo a pensare a niente.

Spalancai la bocca per respirare meglio. Di colpo, tra le linee che correvano parallele sul soffitto, mi sembrò di vedere me stesso disteso mentre continuavo a perdere sangue a fiotti. Il mio doppio sul soffitto era proprio sopra di me, lo guardavo dal basso coricato supino. Poi cominciò a scendere lentamente, restando nella stessa identica posizione. Portava i miei stessi occhiali e la stessa divisa scolastica, e aveva il viso coperto di sangue dagli occhi fino al mento. Si avvicinava a poco a poco, finché all’improvviso si fermò, a circa due metri di distanza. Immobile, mi osservava senza fare né dire niente. I suoi occhi nero carbone sembravano liquidi, davano l’impressione di colare impercettibilmente dietro le lenti. Non si capiva bene in che direzione guardassero. «Si può sapere che cosa stai guardando?» immaginai di chiedergli sottovoce. Poi, tutt’a un tratto, rimpicciolì. Le braccia, le gambe, il collo si fecero piccoli e fragili, come privi di forza. I vestiti gli stavano enormi: la giacca troppo larga di spalle, la camicia bianca macchiata di sangue con le maniche lunghissime, i pantaloni ampi che quasi gli cadevano di dosso. E il corpo, dentro quegli abiti, appariva sproporzionato, rigido e sghembo.

Rimasi immobile per qualche istante, senza spostarmi di un solo millimetro, fermo a fissare l’altro me stesso sospeso nel vuoto. Lui cominciò a muovere piano le labbra e capii che forse voleva dirmi qualcosa. Ma i movimenti labiali erano troppo lenti e vaghi e non riuscivo a tradurli in parole di senso compiuto. Dopo un po’ cambiò espressione, sembrava quasi che mi stesse sorridendo. Sì, non mi sbagliavo, l’altro me stesso con il viso coperto di sangue mi stava rivolgendo un debole sorriso. Non sapevo cosa potesse significare, ma restai immobile a guardarlo. Tirai su col naso e una certa quantità di saliva mi si accumulò in bocca. Dopo una lieve esitazione mi voltai da una parte e sputai. Tra la saliva schiumosa mista a sangue spiccava un grumo nerastro.

Nello stesso istante sentii una sorta di scricchiolio provenire dalla porta e rimasi come paralizzato. Chi poteva essere? Un professore che aveva sentito qualche rumore e voleva sincerarsi che fosse tutto a posto?

Mi sbagliavo, era Kojima.

Restò per un attimo sull’uscio della porta a guardarmi con un’espressione attonita. Poi, all’improvviso, corse verso di me.

«Che ti hanno fatto? Cos’è tutto questo sangue?» disse mettendosi in ginocchio, mentre non smetteva di scuotere la testa. «Ti fa male da qualche parte? E adesso che cosa facciamo?» aggiunse disperata, mordendosi le labbra.

«Non ti preoccupare, è tutto finito» risposi, il volto distorto in una smorfia di dolore.

«Prima vi avevo seguiti… Poco fa li ho visti uscire e mi sono decisa a entrare». Le tremava la voce, scandiva le parole a scatti, come se parlasse controvento. Mi appoggiò una mano sulla spalla con dolcezza e aggiunse: «Mi dispiace tantissimo, sono sconvolta… Riesci ad alzarti?».



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