I classici e la Scienza by AA. VV

autore:AA. VV.
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR

Da Plinio e dalla tavola di Veleia. Lo stato sociale

ELIO LO CASCIO

PAOLO ONOFRI

Elio Lo Cascio, Il caso degli alimenta

L’immagine dell’economia antica e segnatamente romana che ha dominato negli studi degli ultimi decenni, ma che ora viene su molti versanti messa in discussione, è quella proposta in una rapida sintesi da Moses Finley nel suo libro dei primi anni Settanta, The Ancient Economy. Attorno alle idee cardine del libro si è costruita quella che non illegittimamente è stata definita la “nuova ortodossia”. Converrà richiamare rapidamente gli elementi fondamentali del modello finleyano: viene sottolineata la basilare importanza della produzione primaria e viene dunque ritenuto del tutto limitato il ruolo del commercio e della manifattura, sicché la città antica viene considerata come città consumatrice; si insiste su un supposto mancato coinvolgimento nel commercio e nella manifattura delle élites dei proprietari terrieri, che mantengono un’ideologia da rentier (mancherebbe, quantomeno nell’élite, una mentalità imprenditoriale); si mette in rilievo l’assoluta assenza di un’integrazione economica tra le varie aree e di conseguenza l’assoluta assenza di una specializzazione produttiva; viene negata la possibilità di una crescita non legata alla conquista e all’impero. Per quanto attiene, più specificamente, alle idee economiche degli antichi, oltre che ai loro comportamenti concreti, Finley nega in modo perentorio che si possa parlare di precorrimenti della scienza economica e semmai è disposto ad ammettere, con Schumpeter, che negli autori antichi è dato ritrovare quelle nozioni “prescientifiche” che sono suggerite dal buon senso e da un’analisi superficiale dei rapporti economici. Viene perciò negata alla radice l’utilità del ricorso alle categorie della scienza economica (in particolare della scienza economica neoclassica), nata non per caso in connessione con l’affermarsi del capitalismo con la rivoluzione industriale, per intendere i comportamenti e le motivazioni degli attori economici, privati e “pubblici”. Per quel che riguarda questi ultimi Finley nega che si possa parlare di una “politica economica” consapevolmente perseguita da uno “stato” antico; e contesta gli storici modernizzanti (soprattutto quelli attivi fra le due guerre) che volevano contrapporre politiche “liberali” o “liberiste” a politiche “dirigiste”.

Un altro importante elemento del quadro teorico costruito da Finley deriva da Karl Polanyi e dall’antropologia sostantivista, con il suo insistere sulla significatività e la rilevanza dei modelli di distribuzione delle merci alternativi al mercato (dunque, al di là del semplice autoconsumo, la redistribuzione e la reciprocità – lo scambio di “doni”) nel mondo antico, un mondo nel quale l’economia non avrebbe avuto quella dimensione autonoma che ha nel mondo moderno e contemporaneo, ma sarebbe stata inscindibilmente connessa col sociale e col politico (embedded, «incastrata», nel sociale e nel politico).

Ognuna di queste formulazioni è stata messa in discussione dalla ricerca più recente, che ha per lo più proposto un modello alternativo che vuole apparentare l’economia romana alle altre economie preindustriali e segnatamente a quelle degli Stati nazionali moderni. E quanto all’assenza di una dimensione autonoma dell’economico nel mondo antico, la messa in discussione del modello polanyiano-finleyano muove dalla banale considerazione che non solo in tutte le economie del passato, ma anche nelle economie contemporanee, nelle economie postindustriali, si può dire che l’economico sia embedded nel sociale e nel politico.

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