I mondi di star Wars by Giorgio E. S. Ghisolfi

I mondi di star Wars by Giorgio E. S. Ghisolfi

autore:Giorgio E. S. Ghisolfi [Ghisolfi, Giorgio E. S.]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B0756Y66ZY
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2017-08-29T00:00:00+00:00


Interattività uomo-macchina

Be’, se i droidi potessero pensare, nessuno di noi sarebbe qui, no?

Obi-Wan Kenobi, Attack of the Clones204

Ho già parlato dell’interazione tra la saga e il fandom resa possibile dal web. Vorrei ora mettere l’accento su una forma diversa. L’interattività è una condizione che la sociologia della comunicazione descrive come una forma di interazione comunicativa personale agita in praesentia: fondata sulla presenza fisica contemporanea e nel medesimo luogo di almeno due soggetti; non, quindi, effettuata per telefono o via chat. Negli anni Settanta l’informatica ha traslato questo termine alla sociologia dei New Media, quale sinonimo della relazione uomo-macchina. Il vocabolo si è radicato nella cultura popolare grazie alla comparsa dei personal computer e dei videogiochi. Per favorire l’interattività tra uomo e macchina la tecnologia ha coniato strumenti denominati “interfacce”, quali sono lo schermo e la tastiera, il joystick. A essi si è aggiunta, introdotta da Apple, l’interfaccia grafica, poi ripresa da Windows, che ha semplificato il dialogo tra i soggetti, creato una utenza di massa e accompagnato lo sviluppo della responsività della macchina nei confronti dell’uomo. L’arte cinematografica classica offre esempi ormai famosi della interazione tra uomo e robot: accade con Robbie, il robot di Forbidden Planet (Fred M. Wilcox 1956), e soprattutto con 2001 A Space Odissey (S. Kubrick 1969), che inscena una credibilissima modalità di comunicazione interattiva tra l’uomo e il calcolatore. Là dove l’antropomorfo Robbie appariva ancora come una macchina analogica, dotato di un cervello a valvole e di umorismo, HAL 9000 è, a dispetto di una fisicità asettica e integrata all’astronave, una entità a tutti gli effetti pensante, responsabilizzata e seria. HAL pensa, dunque è. L’assioma cartesiano è centrale nel film di Kubrick e costituisce il nocciolo drammaturgico della suspense, perché si frappone fra l’uomo e la sua volontà di comprensione del cosmo. Una comprensione, va sottolineato, che passa per l’azione piuttosto che per la scienza: attraverso la conquista fisica di spazi materialmente concreti. Un agire definibile, nonostante il computer, come analogico, e che richiama da vicino – anche nell’immaginario collettivo della nostra specie – la picaresca e affascinante avventura dell’esplorazione e misurazione del globo terracqueo iniziata nel Cinquecento e compiuta nell’Ottocento.

Date queste premesse, eccoci arrivare a Star Wars. George Lucas distilla dal passato una rivisitazione sia di Robbie sia di HAL: doppia, in forma di diade, come la coppia comica dei servitori in The Hidden Fortress di Akira Kurosawa (1958), che Lucas imita anche nell’altezza dei personaggi, l’uno alto e l’altro basso. Ecco dunque uno slanciato e antropomorfo erede di Robbie, C-3PO; nonché un basso e cilindrico, quasi un bidone della spazzatura, epigono di HAL, R2-D2205. Entrambi destinati a comparire in tutti i film della saga sino a oggi escluso lo spin-off Solo: A Star Wars Story (2018). Mentre il droide206 “protocollare” C-3PO, assemblato dal geniale ragazzino Anakin nell’officina-discarica di Mos Espa, si comporta come un maggiordomo ansioso ed è in grado, in virtù della sua programmazione linguistica, di interfacciarsi, ovvero comunicare verbalmente, con tutti gli esseri della galassia, R2-D2, originario del pianeta Naboo, è



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