I Parassiti della Mente by Colin Wilson

I Parassiti della Mente by Colin Wilson

autore:Colin Wilson [Wilson, Colin]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fanucci
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Squillò il videotelefono. Era il direttore generale della Compagnia anglo-indiana dell’uranio. Lo guardai come se provenisse da un altro mondo. Notai anche che sembrava sollevato di vedermi. Mi disse che i giornalisti stavano cercando di mettersi in contatto con me fin dalle otto. Venti miei colleghi erano morti durante la notte: Gioberti, Curtis, Remizov, Shlaf, Herzog, Klebnikov, Ames, Thomson, Driding, Lascaratos, Spencefield, Sigrid Elgström… tutti, insomma, tranne i fratelli Grau, Fleishman, Reich e io stesso… e Georges Ribot. I primi quatto apparentemente erano morti di collasso cardiaco. Sigrid Elgström si era tagliata i polsi, poi la gola. Klebnikov e Lascaratos si erano buttati dalla finestra. Thomson si era spezzato il collo in una specie di crisi epilettica. Herzog aveva ucciso tutti i suoi familiari e poi si era sparato. Altri avevano preso del veleno o dosi eccessive di droghe. Due erano morti di lesioni cerebrali.

Reubke era nervosissimo, perché pensava alla pessima pubblicità che la tragedia avrebbe procurato alla Compagnia anglo-indiana, poiché tutti i morti erano stati ospiti miei (e della Compagnia) durante le ultime settimane; Reubke li aveva conosciuti quasi tutti personalmente. Lo calmai meglio che potei – anch’io ero molto sconvolto – e gli chiesi di non lasciare che i giornalisti arrivassero fino a me. Quando mi disse che aveva cercato di telefonare a Reich senza ottenere risposta, mi sentii gelare. Cominciò la reazione, pedantemente. Avrei voluto dormire. Mi servii però del mio codice speciale e feci il numero di Reich. Quando sullo schermo apparve il suo viso, provai un sollievo indicibile. Le prime parole di Reich furono: «Grazie a Dio sei sano e salvo.»

«Sono sano e salvo: ma tu? Hai un aspetto tremendo.»

«Sono tornati da te, stanotte?»

«Sì, per tutta la notte. Sono andati da tutti quanti.»

Dopo cinque minuti lo raggiunsi; mi fermai solo il tempo sufficiente per far sapere a Reubke che Reich stava bene. Ma quando lo vidi di persona, mi accorsi che non era così. Sembrava fosse appena guarito da una malattia durata sei mesi. Era invecchiato, e la sua carnagione aveva il colore del vitello lesso.

L’esperienza di Reich era stata molto simile alla mia… con una sola variante significativa. I parassiti, con lui, non avevano tentato la tecnica di minarlo totalmente. Avevano continuato ad assediarlo per tutta la notte, scagliandogli contro un’ondata dopo l’altra. Verso il mattino, avevano prodotto una crepa nella sua armatura mentale, una falla nei suoi serbatoi di energia. Questo l’aveva esaurito. E poi, quando aveva cominciato a credere che la sconfitta fosse inevitabile, gli attacchi erano cessati.

Non faticai a comprendere quanto era accaduto: nel momento in cui io avevo diretto contro i parassiti la mia «scarica d’energia». Reich lo confermava: era avvenuto mezz’ora prima che lo chiamassi. Prima aveva sentito squillare l’apparecchio, ma era troppo esausto per rispondere.

Le notizie sulla tragica sorte degli altri lo depressero, ma poi il racconto della mia esperienza gli restituì speranza e coraggio. Feci del mio meglio per spiegargli che i parassiti erano riusciti a minarmi alla base, e che io avevo attinto a una forza divina per sconfiggerli.



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